Medio OrientePrimo Piano

Per la Siria primi bagliori di rinascita

di Salvo Ardizzone

Da ormai tre anni la Siria è il teatro dove si rappresenta la tragedia di un Popolo; a luglio scorso l’Onu ha smesso di tenere il conto d’una mattanza sempre più  selvaggia e sanguinosa che, secondo i calcoli di altre organizzazioni internazionali, ad oggi è giunta a circa 146.000 vittime. A questo s’aggiungono i circa 2,5 milioni di Siriani costretti a fuggire fuori della loro terra dalla violenza bestiale dei miliziani e dalla furia degli scontri che si svolgono dove c’erano le loro abitazioni, troppo spesso ora ridotte a macerie annerite; per la maggior parte di questi disgraziati, la casa è ora un precario campo profughi nei Paesi vicini.

Inoltre, si calcola che almeno altri 6,5 milioni di Siriani siano stati costretti a fuggire dalle loro residenze e siano “profughi interni”, sistemati quasi sempre nella precarietà più completa in qualche parte del Paese già pacificata. È il quadro d’una Nazione distrutta.

Ma la guerra mostra ormai chiari segnali di svolta: malgrado gli sforzi e gli immensi capitali profusi, soprattutto da Arabia Saudita e Qatar, per combattere in terra siriana la loro guerra per procura, la “ribellione” perde sensibilmente terreno. È tempo dunque di pensare al dopo e alla ricostruzione.

È notizia di venerdì scorso che la Soyuzneftegaz (azienda russa del comparto energetico) ha stipulato un accordo per la costruzione di un oleodotto che porti il petrolio iracheno in Siria, con la partecipazione di aziende russe e italiane. Yuri Shafranik, a capo della società ed ex ministro dell’energia russo, ha dichiarato che il progetto, secondo quanto concordato dalle Amministrazioni dei due Paesi interessati, sarà realizzato non appena la situazione sul campo lo permetterà.

Al di là della semplice notizia, è un segnale netto della volontà di realizzare un’ampia area sciita di collaborazione e sviluppo fra le Nazioni, proprio quello contro cui le Monarchie del Golfo lanciano petrodollari e milizie assoldate, vedendo insidiata la propria antica egemonia e i conseguenti privilegi.

Ma non è tutto: Shafranik ha anche espresso la speranza che presto l’accordo firmato con la Siria, per l’esplorazione e lo sfruttamento congiunto di petrolio e gas nel cosiddetto Blocco 2 delle sue acque territoriali, possa prendere l’avvio.

Si tratta del contratto “Amrit”, siglato il 25 dicembre del 2013 tra il Ministero siriano del Petrolio e delle Risorse Minerarie e la società russa; ha una durata di 25 anni ed abbraccia un’area di ricerca di circa 70 Km a partire dalle città di Tartus e Banyas. Certo, ci vorranno almeno cinque anni dall’inizio delle prospezioni prima che la produzione vada a regime, ma a parere dei tecnici il sito risulta assai promettente e sarebbe finalmente manna per un Paese messo in ginocchio dalla guerra.

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