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Opera Pia Ruffini e la fuga di Monsignor Lorefice

Desta scalpore il caso dei 42 lavoratori dell’Opera Pia Cardinale Ernesto Ruffini presieduta dall’Arcivescovo di Palermo Monsignor Corrado Lorefice. La vicenda, portata alla ribalta nazionale dal programma televisivo Le Iene, risulta abbastanza singolare e dolorosa per i lavoratori, in quanto, nonostante l’ente che si occupava della gestione di centri per bambini, disabili ed anziani, percepisse notevoli somme dal finanziamento pubblico, si è dichiarato sull’orlo del fallimento.

monsignor-loreficeCiò ha determinato il mancato pagamento degli stipendi per gli ex dipendenti, che, allo stato attuale, si trovano senza un lavoro ed in credito di decine migliaia di euro di arretrati e versano in condizioni di disperazione, come accade nei più classici casi di aziende che non possono più pagare il proprio personale dipendente.

Solo che qui l’azienda è un istituto pubblico di assistenza e beneficenza, presieduto da un arcivescovo che, a quanto pare ha perso di vista le finalità dell’ente, determinando una situazione umana e sociale pari a quelle contrastate dai servizi assistenziali forniti dai centri gestiti dall’Opera Pia.

Un paradosso della quale risulta difficile comprendere le ragioni di fondo, complice anche l’atteggiamento omertoso ed arrogante assunto dal Monsignor Lorefice, il quale addirittura scappa come un ladruncolo qualsiasi al palesarsi delle telecamere del noto programma tv. In occasione della visita di Papa Francesco in Sicilia, gli ormai ex dipendenti, hanno manifestato chiedendo che venisse ascoltata la loro voce e il loro dissenso verso una gestione a dir poco discutibile della crisi dell’ente.

Un buco di quasi tre milioni di euro creatosi principalmente a causa dei ritardi dei pagamenti da parte della Regione. Un dissesto che ha determinato la drammatica situazione attuale e che, a detta dei lavoratori, è stata annunciata e gestita da monsignor Lorefice con la freddezza e l’insensibilità tipiche dell’imprenditore più smaliziato.

Un comportamento sicuramente censurabile quello del prelato che, ad un certo punto, aveva pure cercato di salvare la faccia, “donando” la somma di 12mila euro ad uno dei 42 lavoratori particolarmente in difficoltà. Peccato che la “donazione” riguardasse una somma dovuta a titolo di arretrati per il lavoro svolto dall’ex dipendente. La beffa però si è concretizzata nel momento in cui il monsignore, il quale presiede il Cda dell’ente, ci ha ripensato, sottoscrivendo la cessione del credito dei 12mila euro “erroneamente” donati al lavoratore, nei confronti dell’Opera Pia.

Un atto riprovevole, ad ulteriore conferma dello smarrimento di ogni rotta umanitaria e solidale nella guida di un ente caritatevole.

di Massimo Caruso

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