Non si ferma la Resistenza palestinese nelle carceri israeliane, nove prigionieri in sciopero della fame
Martedì 8 settembre in un comunicato stampa la Waad association for prisoners and ex-prisoners, che da anni si occupa di denunciare le drammatiche condizioni dei detenuti palestinesi nelle prigioni israeliane, ha reso noto che nove prigionieri palestinesi sono in sciopero della fame in segno di protesta contro la detenzione amministrativa e l’isolamento, pratiche a cui le autorità giudiziarie e carcerarie israeliane ricorrono quotidianamente e senza alcun criterio.
Nel comunicato, riportato dal Palestinian Information Center (Pic), si chiede l’intervento dell’Alto Commissario per i Diritti Umani e del Comitato Internazionale della Croce Rossa, per la liberazione dei prigionieri ingiustamente detenuti.
Il prigioniero Bilal Dawood è al 12 giorno consecutivo di sciopero della fame; i prigionieri Amir Shamas e Nour Shukri dopo sei giorni attendono ancora che sia revocata loro la detenzione amministrativa; i prigionieri Nidal Abu Aker, Munir Abu Sharar, Badr al-Ruzza, Ghassan Zawahreh, Shadi Ma’ali, e Suleiman Skafi da 20 giorni continuano ininterrottamente la loro protesta contro la detenzione amministrativa.
Ma le autorità israeliane non intendono valutare di ricorrere ad un uso più moderato delle pratiche della detenzione amministrativa e dell’isolamento dei prigionieri; tendono invece a inasprire le già difficili condizioni dei detenuti, fino a cancellare ogni loro diritto. Il 30 luglio 2015 è stata approvata – si attende solo il consenso della Corte Distrettuale – la legge per l’alimentazione forzata dei detenuti, a cui viene dunque sottratta l’unica “arma” con la quale potevano far sentire la loro voce e reclamare condizioni più umane.
Autorevoli voci, anche israeliane come HaMoked and Physicians for Human Rights-Israel, si sono levate contro questo provvedimento, rivolgendosi direttamente all’Alta Corte Suprema. Con una petizione, numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno messo in evidenza come questa legge, brutale e pericolosa, leda profondamente i diritti del paziente, l’etica medica e il Diritto Internazionale.
Adalah, ente legale per i diritti della minoranza araba in Israele, ha scritto in una nota che il reale obiettivo della legge sull’alimentazione forzata è “rompere lo spirito di un prigioniero in sciopero della fame. Lo Stato d’Israele ha numerose alternative: ad esempio può fermare le pratiche di arresto senza accuse e migliorare le condizioni dei prigionieri Palestinesi. Ma Israele ha scelto il sentiero criminale che causa una flagrante violazione dell’etica medica e della legge internazionale”. Nel novembre 2014 il Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite ha definito l’alimentazione forzata come “trattamento inumano e degradante“, e come tale in violazione della Convenzione.