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Ne faremmo volentieri a meno

di Salvo Ardizzone

Tutto secondo il copione, anche troppo: sabato scorso, alla 4^ votazione, come preventivato dalla sceneggiatura, Sergio Mattarella è stato eletto Presidente della Repubblica con 665 voti, sfiorando la maggioranza qualificata.

In pochi giorni è stata messa in vetrina l’imbarazzante pochezza del Parlamento e delle forze politiche, che di politico non hanno proprio nulla: né sensibilità, né progetti, né tantomeno valori. S’è trattato d’una sceneggiata fra bande che occupano il potere, in disperata lotta per la propria sopravvivenza. Nient’altro.

La loro completa nullità ha permesso a Renzi di manovrali a piacimento, centrando in pieno l’obiettivo di eleggere un Presidente che si guarderà bene dal fargli ombra, senza pagare dazio a una cosiddetta “opposizione” che pensava di tirare sul prezzo del consenso. È finita in uno spettacolo indecente, fra sms frenetici di appoggio sotterraneo, corse per salire sul carro del prossimo vincitore e scene da farsa di terz’ordine, con solenni dichiarazioni pubbliche rimangiate nell’arco di ore.

Cercando d’esaminare una vicenda che, piaccia o no, ci riguarda tutti, anche se senso politico non ne ha né può averne visto che, lo ripetiamo, si tratta solo di basse questioni d’interesse, tracceremo qualche breve riflessione.

Renzi ha edificato il suo piedistallo, attorno a cui sta saldando un blocco di potere di cui era sprovvisto, giostrando il Parlamento attorno a tre alleanze: una ufficiale, che sottoscrive tutti i suoi atti di Governo, formata con un manipolo di centristi e di ex seguaci di Berlusconi, terrorizzati di perdere i posti di potere che hanno afferrato e ancor di più di andare alle urne, perché hanno un seguito elettorale inesistente. A parte imbarazzanti pantomime, al dunque, corrono appena il Premier schiocca le dita, perché il posto che hanno se lo sognerebbero altrimenti.

Una seconda alleanza l’ha stretta con Berlusconi, con la scusa di portare a casa le tanto decantate “riforme” da esibire a Bruxelles per gonfiare il petto: si tratta di scatole vuote con scarso o nessun impatto reale positivo, escluso quello sugli interessi di qualcuno (ex Cavaliere in testa) grazie a codicilli e commi seppelliti fra i tanti articoli e i decreti attuativi.

Volete che Berlusconi faccia saltare il tavolo (e la prospettiva di tanti altri “regali”) proprio ora che ha dimostrato di non controllare quello che era il suo partito? Semmai è Renzi che, dinanzi a quello sfacelo, tirerà sul prezzo, ma neanche troppo, perché una sponda alternativa gli fa comodo e non ha interesse a distruggere del tutto Forza Italia. Ci saranno discussioni, polemiche e magari “vertici” a beneficio di cronisti che riempiranno pagine di banalità a uso d’una opinione pubblica pronta a bere tutto. Nella sostanza ogni cosa si ridurrà alla contrattazione di “regali” fatti da Renzi a un Cavaliere che ne ha un disperato bisogno, e fino a quando il Premier lo riterrà conveniente, dopo di che lo lascerà affondare definitivamente coi resti dei suoi.

La terza alleanza è quella che ha determinato l’elezione di Mattarella, stretta con quella parte del Pd e con Sel estromesse dalle stanze dei bottoni e che scalpitano per ritornarci, primi fra tutti i rappresentanti della vecchia “ditta” con tutto il pletorico apparato di cooperative sempre fameliche d’appalti. A questi s’aggiunge una schiera sempre più ampia di potenziali “Scilipoti”: transfughi da vari partiti in disfacimento, pronti ad accasarsi al minimo cenno. Buttandola sul tavolo ha costretto centristi, vaste porzioni di Forza Italia e altri ancora a corrergli dietro per non rimanere esclusi, fino all’apoteosi di sabato mattina.

Giostrare fra gli interessi di tutte queste bande non è semplice, serve cinismo, spregiudicatezza e totale mancanza di scrupoli unita all’abilità d’un giocoliere; ma Renzi queste qualità le ha tutte e le eserciterà a pieno fino a quando non riuscirà a costruirsi quell’apparato che non ha ancora per ragioni anagrafiche, ma che è in rapida aggregazione, per inaugurare una stagione di potere incontrastato.

Ciò che non ha è un’opposizione: lasciando perdere quelle sempre pronte ad aiutarlo più o meno sottobanco (ne abbiamo già parlato), resta l’inutilità di quella che, ad ogni passaggio importante, fa di tutto per consegnarsi all’irrilevanza, giungendo a considerare uno strepitoso successo l’essere rimasta compatta su una posizione semplicemente inutile. Questo, per chi ha scelto di scendere nell’agone politico, ad esser buoni si chiama infantilismo; è sprecare, è mortificare le speranze che milioni di italiani hanno riposto in quella forza perché incidesse e determinasse un cambiamento. Ma dinanzi a questo inflessibile perseverare su posizioni sterili, è sicuro che non sia proprio ciò che vogliono i suoi vertici? 

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