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Nasrallah: “La Resistenza è una questione di fede e di principio “

Il segretario generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, in occasione dell’anniversario della fine della guerra dei 33 giorni contro Israele nel luglio del 2006, ha rilasciato ieri sera un’intervista esclusiva ad Al-Mayadeen Network TV e trasmessa in diretta su Al-Manar. Nasrallah inizia parlando dell’incidente lungo il confine israeliano dello scorso 7 agosto. I due dispositivi esplosivi – afferma il leader – che sono stati fatti esplodere contro militari israeliani che si erano infiltrati a Labbouneh, nel sud del Libano, è stata un’operazione della Resistenza.

Questa zona – continua Nasrallah –  è altamente sorvegliata dai combattenti della Resistenza, e quando abbiamo avuto informazioni sul possibile ingresso degli israeliani in territorio libanese è scattata la nostra imboscata, seguita anche da un conflitto a fuoco. Siamo certi del ferimento di diversi militari israeliani ma non ci sono conferme su possibili vittime. L’operazione di Labbouneh non sarà l’ultima, e non tollereremo ulteriori violazioni della nostra terra. Affronteremo gli israeliani in ogni luogo e non permetteremo loro di entrare in Libano.

Alla domanda sul silenzio di una parte politica libanese riguardante la violazione israeliana delle frontiere e della risoluzione delle Nazioni Unite 1701, Nasrallah risponde che: “Non è sorprendente, dal momento che alcune forze politiche in Libano non considerano Israele un nemico”.

Sayyed Nasrallah affronta il problema delle armi della Resistenza, dichiarando che l’ex vice-presidente americano, Dick Cheney, ha presentato una grossa offerta ad Hezbollah attraverso un americano di origine libanese, che prevedeva il riconoscimento a livello internazionale e l’eliminazione del movimento dalla lista del terrore, a condizione di un impegno verbale di disarmo. Abbiamo respinto tutto, non siamo interessati a tali offerte.

Anche in ambito libanese il problema del disarmo è sempre attuale, grazie alle “preoccupazioni” del “blocco del 14 marzo”, movimento che fa riferimento al filo-saudita Hariri, che sostiene il disarmo della Resistenza. Nasrallah sottolinea che il “14 marzo” aveva preso una posizione molto chiara durante la guerra del 2006, per poi cambiarla quando siamo entrati nel governo. “Durante la guerra questo blocco ci aveva posto delle richieste, tra cui il disarmo, la presenza di una forza multinazionale per essere distribuita lungo i confini con la Palestina e la Siria e la consegna dei due ostaggi israeliani, ma abbiamo rifiutato”.

Il direttore Al-Mayadeen domanda: “Qual è il valore di queste armi se non fossero per difendere una causa e un Paese? “Quando abbiamo scelto questa strada, abbiamo concordato all’unanimità e offerto come martiri i migliori dei nostri figli. Pertanto, la questione non è negoziabile. Il vero problema è che siamo la Resistenza e abbiamo deciso di rimanere la Resistenza. Si tratta di una questione di fede e di principio, ha affermato Sayyed Nasrallah.

Il segretario generale inizia ad affrontare il conflitto del 2006: “Per quanto riguarda l’operazione del sequestro dei due militari israeliani avvenuta il 12 luglio del 2006, eravamo pronti per qualsiasi tipo di guerra”. “La Resistenza non era né confusa né preoccupata, ma aveva chiara la strategia di guerra, il nostro obiettivo principale era quello di infliggere al nemico il maggior numero possibile di vittime”. “Durante l’assedio di Bent Jbeil abbiamo deciso di resistere e combattere fino alla fine, per evitare che l’esercito israeliano entrasse in città; eravamo pronti ad affrontare diversi mesi di guerra”.

Sul ruolo della Siria nel conflitto del 2006, Nasrallah risponde: “Hezbollah aveva ricevuto le armi direttamente dalla Siria prima e durante la guerra di luglio, sottolineando che una grande parte dell’arsenale della Resistenza era proveniente dalla Siria”. “Molte delle armi che abbiamo utilizzato erano siriane, il magazzino dell’esercito siriano era a disposizione della Resistenza libanese”.

Sayyed Nasrallah ha anche rivelato che il presidente Bashar al-Assad aveva espresso la sua disponibilità a farsi coinvolgere nella guerra contro Israele. “Ho detto ad Assad che la nostra posizione era eccellente e ci stavamo dirigendo verso la vittoria”. “Noi non volevamo una guerra regionale, eravamo in grado di vincere da soli quella battaglia”.

Alla domanda se può essere formato un governo senza Hezbollah, il segretario risponde: “Quando è stato designato Tammam Salam per formare il governo, ha fissato delle condizioni”. “Salam ha dichiarato che non vuole partigiani, candidati parlamentari o figure provocatorie, e che vuole la rotazione nei ministeri”.” Tutto ciò che abbiamo detto è che vogliamo un governo di unità nazionale in cui tutti i blocchi parlamentari siano rappresentati secondo i propri consensi”.

Rispondendo alla domanda sulla possibilità di formare un governo neutro, Nasrallah dichiara: “Dove sono i neutrali in Libano?”. “Non c’è nessuno, parlare di un governo neutro è ipocrisia. La situazione del Paese richiede un vero e proprio governo di unità nazionale, quindi siamo ancora sostenendo Salam come Primo Ministro”.

Il segretario generale si sofferma anche sulla vicenda dei due piloti rapiti a Beirut, dichiarando che Hezbollah non ha nulla a che vedere con il rapimento e condanna seccamente questo atto.

Sayyed Hassan Nasrallah conclude la sua intervista ringraziando il nobile popolo della resistenza per i suoi sacrifici e ricordando al nemico che il tempo delle sconfitte è finito. “Nonostante tutto, confermo che la Resistenza è più forte che mai, molto più forte di quanto non fosse durante la guerra di 33 giorni”.

di Giovanni Sorbello

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