Cultura

Nakba: “La catastrofe palestinese sotto l’occupazione sionista”

Nakba – Il racconto della sofferente tragedia palestinese ci viene palesato dallo studio minuzioso delle immagini, tratte dalla cronaca pubblicata sui media, da Roberto Cozzolino, lucido osservatore e critico attento della realtà. Realtà rielaborata ed espressa attraverso la singolare trasposizione d’immagini istantanee su tela; lo stile è infatti essenzialmente realista, allo scopo di non perdere il manifestato legame con eventi contemporanei, pur non mancando citazioni esplicite riferibili al futurismo od al divisionismo (“Combattendo per la terra di Palestina”, “Furto”).

Le rappresentazioni di sofferenza ci appaiono in tutta la loro cruda violenza; perché la morte che qui si racconta non è naturale, ma sempre legata alla brutalità dell’uomo sull’uomo.

Il corso degli eventi tragici, non sempre conosciuti in tutta la loro quotidiana reiterazione, ha devastato una terra d’antica e rara bellezza ed oppresso la dignità del popolo che la abita. L’attenzione di Cozzolino si sofferma puntuale sull’accadimento nefasto: “Pietà” e “Martire”, che evidenziano la ricerca descrittiva focalizzando ogni particolare ed esaltando, attraverso la rappresentazione del lutto, le espressioni di volti segnati profondamente, che urlano il dolore e la rabbia.

Non c’è speranza nei volti di “Separazione”, “Nakba”, “Pianto” ed “Esodo”, opere che sottendono la solitudine nella perdita della propria identità.
La raffigurazione del bambino di “Senza Casa” è cupa tra le desolanti distruzioni del futuro compromesso; rovine anche nel dipinto “Macerie”, dove si percepisce quasi palpabile la polvere delle distruzioni selvagge che non lasciano spazio per la ricostruzione.

Cozzolino supporta la propria operazione artistica su documenti fotografici; ma sceglie di narrare, nella quasi totalità dei casi, evitando di mostrare le immagini fortemente cruente, ridondanti abitualmente nella cronaca televisiva e fotografica – quasi fosse un obbligo per carpire l’attenzione sopita dei fruitori sedati dalla sovrabbondanza delle informazioni.

Infatti nei confronti della rappresentazione della crudeltà assume un atteggiamento differente rispetto all’artista Botero, autore della serie dedicata alle torture di Abu Ghraib (2005): laddove il maestro andino esorcizzava il proprio dolore attraverso la riproposizione dell’immagine peggiore che l’uomo possa avere elaborato, Cozzolino cerca generalmente di raccontare attraverso le espressioni e gli atteggiamenti sofferti delle vittime.

L’operazione è dunque finalizzata a palesare una faticosa oggettività attraverso l’esibizione delle ferite e delle afflizioni dell’animo.
In tale ottica va letta anche la de-umanizzazione degli oppressori, ridotti in “Foto di gruppo” e “Prove di democrazia” ad automi spersonalizzati, dai tratti ghignanti, che non lasciano spazio alla pietà.

Uno dei pochi dipinti in cui non appaiono tragicità e desolazione è “Resteremo qui”, una bambina che ride formando con le dita incerte, un po’ sporche, il simbolo della vittoria; un augurio perché tutti i bambini che vivono realtà crudeli quanto quella in questa sede rappresentata riescano a costruire un domani migliore, dimenticando – o almeno superando – il dolore e le privazioni subite.

Fonte: www.rinascita.eu

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