Successo in Iran per “Muhammad, Il Messaggero di Dio”
“Muhammad, Il Messaggero di Dio” è il nuovo film del regista iraniano Majid Majidi, già nominato all’Oscar. Il film è ambientato nel VI secolo ed è la prima parte di una trilogia sulla vita del profeta dell’islam, racconta gli eventi dei primi 12 anni di vita di Maometto.
È considerata l’opera cinematografica più costosa mai realizzata in Iran. Una produzione che ha richiesto cinque anni di lavoro e un budget di oltre 40 milioni di dollari per essere portata a termine.
Ma soprattutto, è il primo film che racconta, rappresentandolo sullo schermo pur senza mai mostrarne il volto, la vita del messaggero di Allah.
Il film è stato scritto dallo stesso regista Majidi assiame ad un altro importante regista e autore sempre iraniano Kambuzia Partovi, e girato in persiano, arabo ed inglese, mentre gli effetti speciali sono stati affidati al regista americano Scott Anderson, che ha già collaborato con Majidi in diversi altri film.
Anche due italiani hanno lavorato al film: direttore della fotografia è il grande artista italiano tre volte Premio Oscar Vittorio Storaro e Giannetto De Rossi che partecipa a questo grande progetto come responsabile del make-up.
Tuttavia non si tratta della prima cinematografica che racconta la storia del Profeta Mohammad, meglio noto come Maometto. Nella storia del cinema solo una volta è stato realizzato un film importante sul profeta, l’unico film autorizzato dall’Università Azhar del Cairo. Prima di Majidi era stato Moustapha Akkad, regista arabo a raccontare la vita del Profeta nel film “Mohammad, Messenger of God”, in italiano “Il Messaggio” del 1976.
Il film era stato editato in due versioni una in arabo con attori arabi e una in inglese con intrepreti occidentali come Anthony Quinn e Irene Papas.
Nel film, pur essendo molto realistico e toccante, non vengono mai mostrate immagini del profeta Maometto, né si sente la sua voce. Un’opera oltre che superba e originale anche rispettosa dei dettami e delle tradizioni dell’Islam.
Secondo i canoni della religione islamica sono vietate le rappresentazioni di simboli religiosi quali Dio e i profeti per esempio. Questo per due motivi principali, perché non sarebbero rappresentazioni veritiere e per non incoraggiare l’idolatria ovvero perchè l’immagine stessa non diventi più importante di ciò che rappresenta. Non c’entra con la tolleranza o meno ma con il rispetto che si ha per il profeta. In realtà non solo è vietato raffigurare il profeta ma tutti i grandi profeti, parenti e padri dell’Islam, sotto qualsiasi forma di arte raffigurativa.
Quindi nel film di Akkad, Muhammad non si vede mai e noi spettatori non ne ascoltiamo nemmeno le parole, ma percepiamo le reazioni che queste hanno sui suoi interlocutori. Il film ancora oggi è tra i classici del cinema in Medioriente e nel mondo.
Nel film del regista iraniano invece Muhammad appare in alcune scene in carne e ossa, seppur mai in volto. Questo ha aperto la strada ad un’ampia critica, ancor prima della diffusione del film, in gran parte nei Paesi arabi a maggioranza sunnita.
I capi, i leader religiosi sunniti e il Consiglio dell’Università Islamica egiziano di Al-Azhar (la massima autorità dell’Islam sunnita con sede in Egitto) hanno già presentato un ricorso per vietare l’uscita del film; “Nessuno può toccare le figure sacre” affermano.
La tradizione islamica è ricca di descrizioni scritte del Profeta e delle sue qualità che lo descrivono come l’uomo ideale, un modello ed un esempio per tutti. Ma i religiosi in generale hanno convenuto che il tentativo di rappresentare quell’ideale sia vietato.
Nel mondo sciita invece le cose sono diverse; mentre l’islam sunnita rifiuta qualsiasi raffigurazioni di Muhammad, dei suoi stretti familiari o dei compagni, gli sciiti non credono in questo. Nei Paesi sciiti come l’Iran manifesti, gioielli o anche portachiavi riportano le immagini del Profeta. Persino il defunto Ayatollah Khomeini, l’ex leader supremo del Paese, si dice abbia tenuto per anni un quadro del profeta nella sua stanza.
Ma per quanto le interpretazioni delle tradizioni possano essere differenti alla base resta il fatto che ci troviamo davanti ad un conflitto probabilmente del tutto politico che contrappone come sempre il blocco sciita a quello sunnita e viceversa. La politica che passa anche per il controllo dell’immaginario e del cinema di conseguenza.
Effettivamente rimane e rimarrà tra i classici su Maometto il film “Il Messaggio” del Akkad che con un espediente cinematografico e pur senza mai ritrarre il profeta, riesce ad esaltare e portare avanti il messaggio del profeta, a narrare la verità sull’Islam, senza aver portato avanti polemiche o discussioni.
Ma il regista iraniano ben sa che nella storia del cinema soprattutto americano, i film che riguardano la Bibbia e le religioni sono quelli che hanno spesso trovato i maggiori riscontri in termini di pubblico e di incassi. Le storie bibliche hanno ispirato decine di film dal 1920 fino ai recenti blockbuster come “Noah”, di Russell Crowe o “Exodus” di Ridley Scott.
Per Majidi questo progetto rimane “un messaggio d’amore verso il mondo intero, e un atto di denuncia contro gli estremisti che con la loro violenza e terrorismo hanno danneggiato il vero Islam”.
E’ un film “che vuole spiegare ed esaltare il messaggio del Profeta, partendo dal racconto dei suoi primi anni”, dice il regista “ed è un film che vuole allontanare un’immagine violenta dell’Islam e diciamo ‘riabilitarlo’ soprattutto agli occhi degli occidentali. Il mio intento è cambiare questa idea, mostrare un Islam che non c’entra nulla con il terrorismo islamico e la violenza”.
Il film è già uscito sia in Iran che al Montreal World Film Festival il 27 agosto.
di Amani Sadat