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Morales e la rivoluzione in Bolivia, esempio per un nuovo Sud America

di Salvo Ardizzone

La settimana scorsa Evo Morales, fresco di rielezione alla Presidenza, era in Italia; nel corso del fitto programma d’incontri, ha concesso interviste nelle quali ha illustrato la sua visione politica e la ricetta che ha permesso alla Bolivia, un piccolo Paese andino fino a pochi anni fa ricco di sottosviluppo e povero di tutto, di divenire un miracolo economico citato a esempio dal Fmi.

Per Morales, in America Latina è in corso una “rivoluzione democratica” contro la globalizzazione capitalistica della povertà; per lui nel Popolo è scattata una spinta alla liberazione dal giogo dell’imperialismo, e i boliviani stanno esportando una politica sociale ed economica alternativa a quella imposta dal liberismo imperante nel mondo. “È compito dei Governi globalizzare la ricchezza, non la povertà come avviene nei sistemi capitalistici basati sullo sfruttamento”, sostiene.

Per ottenerlo, occorre mettere in primo piano la solidarietà e democratizzare la ricchezza; Popolo e Stato devono avere il controllo sulle risorse naturali e devono sottrarsi ai ricatti e alle imposizioni di strutture come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, che obbediscono a interessi diversi da quelli delle popolazioni. In Bolivia, ha detto Morales, “lo Stato non fa concorrenza al Popolo che produce la materia prima, anzi, dona dal 70 all’80% dell’importo di un progetto produttivo, mentre il beneficiario concorre col restante 20-30%. Così in Bolivia abbiamo ridotto la povertà estrema dal 38 al 18%.” Così si produce ricchezza per tutti, aggiungiamo noi.

Il nocciolo della visione di Morales è che lo sviluppo deve essere solidale, deve puntare non all’arricchimento del singolo o di un gruppo ma dell’intera società: per lui non c’è crescita basata sullo sfruttamento. Certo è una bestemmia alle orecchie dei santoni liberisti che, nella sostanza, è proprio sullo sfruttamento che  teorizzano i sistemi, ma è una formula che ha permesso alla Bolivia di strappare a una miseria antica vaste fasce di popolazione.

Allo stesso modo, per lui (e anche per noi) non può esserci sviluppo se non c’è libertà dall’imperialismo, il peggiore dei sistemi di sfruttamento, perchè asservisce Paesi interi agli interessi di terzi, come troppe volte abbiamo visto e vediamo ancora, in America Latina, in Medio Oriente, Africa e nel resto del mondo.     

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