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Migranti nigeriani citano in giudizio l’Italia

Diciassette migranti nigeriani sopravvissuti al naufragio del 6 novembre del 2017, hanno citato in giudizio l’Italia davanti alla Corte europea dei diritti umani. L’accusa è quella di aver permesso agli uomini della Guardia Costiera libica di riportarli in Libia e dunque nei famigerati campi di detenzione riservati ai migranti, già oggetto di polemiche ed inchieste internazionali.

MigrantiI migranti, rappresentati ed assistiti da un pool di quattro avvocati appartenenti all’organizzazione benefica britannica Global Legal Action Network, hanno testimoniato di essere stati rinchiusi negli infernali campi di detenzione, gestiti da non meglio definite milizie e trafficanti di esseri umani, ed essere stati oggetto di torture ed abusi di ogni tipo, per mesi prima del definitivo rimpatrio in Nigeria.

Secondo Violeta Moreno-Lax, uno degli avvocati del pool, l’Italia avrebbe violato numerosi articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, tra cui quelli che affermano che gli individui non dovrebbero essere oggetto di tortura, schiavitù o trovarsi in pericolo di vita.

Qualche tempo l’Alto Commissario Onu aveva condannato l’Unione Europea e quindi l’Italia, per l’assistenza fornita alla Guardia Costiera libica nelle operazioni di intercettazione ed interdizione del flusso di migranti attraverso il Mediterraneo. Il caso, giova ricordarlo, era scoppiato a seguito di una video inchiesta dell’emittente americana Cnn che testimoniava le condizioni disumane dei centri di detenzione dei migranti e delle vendite collettive, in pieno stile mercato degli schiavi, attuate all’interno delle strutture.

Adesso questa azione legale, la prima nei confronti del nostro Paese, che potrebbe durare tre anni, ma che soprattutto potrebbe creare un precedente e avere ripercussioni importantissime nell’attuale gestione del problema dell’immigrazione clandestina nel Mediterraneo. In caso di vittoria dei ricorrenti, infatti, l’Italia, oltre ad essere condannata al risarcimento dei danni subiti dai migranti rimpatriati, potrebbe essere obbligata a sospendere l’equipaggiamento, l’addestramento ed il supporto alla Guardia Costiera libica.

Una sentenza, che potrebbe rappresentare un vero e proprio stravolgimento della strategia messa in atto dal Governo Gentiloni ed in particolare dal ministro dell’Interno Minniti con il pieno appoggio dell’Unione Europea e di concerto con le autorità di Tripoli, per limitare il flusso dell’immigrazione irregolare nel Mediterraneo.

Una strategia che in effetti ha fatto registrare un significativo calo del numero degli sbarchi clandestini, ma che ha aperto un doloroso squarcio nel trattamento dei diritti umani, affidando la gestione del rimpatrio a mercenari senza scrupoli, capaci dei più turpi abusi e della mercificazione assoluta della vita umana.

di Massimo Caruso

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