AfricaPrimo Piano

Marocco: la morte di un pescatore fa salire la protesta

Il Marocco non è il Paese tranquillo raccontato nei depliant turistici; le timide riforme seguite alle proteste del 2011, e la cappa repressiva del Governo di Re Muhammad VI°, hanno solo coperto un malcontento estremamente diffuso soprattutto fra le vaste fasce più disagiate della popolazione.

MaroccoVenerdì scorso, la morte di un pescatore, Mohsin Fikri, avvenuta nella cittadina di Al-Hoceima, ha richiamato in piazza i più grandi cortei dal 2011. Fikri è morto schiacciato da un compattatore mentre tentava di recuperare il pesce spada che gli era stato sequestrato (in questa stagione la pesca della specie è vietata) e gettato fra i rifiuti. La sua fine ricorda da vicino quella di Muhammad Bouazizi, l’ambulante tunisino che si diede fuoco, dando inizio alla cosiddetta “Rivoluzione dei Gelsomini”.

Tuttavia, malgrado le suggestioni dei media, è assolutamente fuori luogo parlare in Marocco di una nuova “Primavera”: i disastri che quella stagione ha causato in tutta l’area sono ben presenti fra la gente, scoraggiando avventure. Inoltre, la presa del “makhzen” (il termine che indica la monarchia e la sua cerchia) sulla società è forte quanto capillare, e lo ha dimostrato alle recenti elezioni che hanno confermato lo status quo.

Quella del Marocco è una situazione bloccata, che vede un Paese governato da una casta privilegiata quanto sorda alle esigenze vere di una popolazione vessata dai soprusi dei servizi di sicurezza e dalla corruzione generalizzata di tutta la pubblica amministrazione. A queste cause di malcontento, comuni a tutto il Paese, si aggiungono quelle specifiche delle regioni berbere, distanti in tutti i sensi dai palazzi del potere di Rabat.

Ai tempi del protettorato francese, le aree berbere erano definite: “Marocco inutile”; da allora assai poco è mutato, anzi, sono state ancor più trascurate da un potere “arabo” che le ha lasciate nel degrado economico ed infrastrutturale più completo. A moltissimi giovani non resta che la scelta fra arruolarsi nelle numerose bande che gestiscono i tantissimi traffici illegali (droghe, armi, tabacco, etc.) o partire come foreign figthers.

Per evitare che le proteste degenerino, il “makhzen” troverà come sempre la sua risposta: attivare qualche altro sussidio a pioggia e trovare capri espiatori fra i poliziotti; pesci piccoli da sacrificare alla rabbia popolare. Nulla di nuovo per un Marocco ingessato, privo di orizzonti o di speranze di cambiamento.

di Salvo Ardizzone

Tags
Mostra altro

Articoli correlati

Back to top button
Close
Close

IlFaroSulMondo.it usa i cookies, anche di terze parti. Ti invitiamo a dare il consenso così da proseguire al meglio con una navigazione ottimizzata. maggiori informazioni

Le attuali impostazioni permettono l'utilizzo dei cookies al fine di fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Se continui ad utilizzare questo sito web senza cambiare le tue impostazioni dei cookies o cliccando "OK, accetto" nel banner in basso ne acconsenterai l'utilizzo.

Chiudi