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L’ipocrisia italiana scoprì De Gennaro, l’intoccabile “uomo ombra” degli Usa

di Salvo Ardizzone

“Lo dissi quando fu nominato e lo ripeto oggi dopo la sentenza. Trovo vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica”. È il presidente del Pd Matteo Orfini a scriverlo su Twitter, all’indomani della condanna della Corte Europea per i fatti della Diaz, dando inizio a una babele di dichiarazioni di una politica che solo ora sembra ricordarsi di quella pagina vergognosa, e di chi ne fu l’ispiratore.

Ma dove erano questi signori mentre De Gennaro faceva la sua carriera folgorante? Dov’era la loro indignazione quando il 3 luglio del 2013 il Governo Letta lo metteva alla Presidenza di Finmeccanica? Vien da sorridere amaro a veder adesso esponenti del Pd puntare il dito.

Il fatto è che De Gennaro non è mai stato un semplice poliziotto, tutt’altro; fin dai tempi di Falcone è stato sempre in quella zona grigia dove il potere piega la legge, in nome di un’eterna ragion di Stato che è solo l’interesse di chi governa.

Mille volte chiacchierato, ne è sempre uscito con una promozione: nel ’93 a capo della Direzione Investigativa Antimafia (inutile ricordare che erano gli anni delle stragi di mafia e della famigerata trattativa); nel ’94 vice capo della polizia e direttore della Criminalpol; nel 2000 capo della Polizia, carica che tiene fino al 2007, per passarla ad Antonio Manganelli (già suo vice e a lui legatissimo) mentre va a ricoprire l’incarico di Capo di Gabinetto del ministero dell’Interno; l’anno successivo è Direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (in pratica a capo dei Servizi).

È il depositario dei peggiori segreti di questa disgraziata Italia e, grazie ai contatti avuti negli anni ’80 al seguito di Falcone, è da sempre “l’uomo degli americani”, il loro fiduciario all’interno del nostro apparato di sicurezza, e gli incarichi fioccano sempre più alti.

Nel 2012 Monti lo nomina sottosegretario di stato con la delega per la sicurezza, fino a quando, nel luglio del 2013, Letta lo mette alla Presidenza di una Finmeccanica squassata dagli scandali, carica confermata da Renzi senza fiatare.

In molti s’erano domandati cosa ci facesse un soggetto privo di qualunque competenza aziendale alla testa di un colosso industriale, dimenticando cos’è Finmeccanica e chi è l’uomo. Finmeccanica è un colosso degli armamenti e, piaccia o no, il commercio delle armi è uno dei principali strumenti della politica estera: gli Usa pretendevano una garanzia che tutto procedesse come sempre, e chi meglio di De Gennaro poteva darla? Così, nel 2014, nel rimpasto delle strutture partecipate, gli è stato affiancato un manager di prim’ordine come Moretti a far marciar l’azienda, lasciando a lui il ruolo di garante.

È questo l’uomo che per decenni ha attraversato le ombre di questa Repubblica a sovranità limitata, indenne da ogni scandalo perché più che mai funzionale al potere e, più di chiunque altro, depositario delle verità più squallide e scomode.

È questo l’uomo di cui una politica ridicola finalmente s’accorge; tranquilli: come sempre fra qualche giorno tutto sarà scordato, prova ne sia che il nostro Premier, sempre pronto a scaricare gente per far posto ai suoi, dinanzi agli attacchi concentrici su De Gennaro, s’è rinchiuso in un silenzio inconsueto, schivando su Twitter l’argomento.

Forse è per questo che lo stanno tirando in ballo, per creare difficoltà a Renzi, spingendolo a mettere in discussione chi nessuno può toccare; ma in quest’Italia irredimibile, al di fuori degli schiamazzi (tanti), la sostanza rimarrà sempre immutata.

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