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L’inarrestabile ascesa degli sfratti in Europa

di Cristina Amoroso

Non è un caso che alla guida della città di Barcellona, nelle elezioni municipali dello scorso anno, inaspettatamente abbia vinto la candidata di Podemos, Ada Colau, considerata dal governo catalano fino a poco prima “una pericolosa attivista, una donna spigolosa con cui è difficile trattare”.

Tutto si spiega con il passato della nuova sindaca di Barcellona, laureata in filosofia, impegnata come leader dei movimenti di lotta per la casa in città, in particolare dal 2009 contro gli sfratti nel movimento “Plataforma de afectados por la hipoteca”(Pah).

La bolla del mattone spagnolo rappresenta una vera piaga. Duecento provvedimenti al giorno, per sette anni consecutivi, per un totale che supera i 600mila. I numeri impietosi sono quelli degli sfratti, sia delle case abitate dalle famiglie del ceto medio-basso sia dei locali adibiti a attività commerciali. I dati si riferiscono allo scorso anno, secondo uno studio dell’agenzia di rating americana Moody’s, le regioni più colpite sono Andalusia, Catalunya e Comunità Valenciana, quelle dove in passato erano state costruite molte seconde case.

In Italia nell’ultimo anno quasi cento famiglie ogni giorno hanno subito uno sfratto. La fame di case a basso costo aumenta vertiginosamente, in fila per una casa popolare ci sono 650mila persone.

Secondo la United States Commission on Human Rights si stima che nel mondo siano cento milioni i senzatetto. Il fenomeno son si limita ai Paesi poveri, se un rapporto pubblicato lo scorso 19 novembre dal Dipartimento per gli alloggi e lo sviluppo urbano degli Stati Uniti nel 2015 in America ci sono oltre 565mila senzatetto, il 25 per cento dei quali sono bambini.

E’ deprimente come lo sfratto forzato di persone dalle loro case – affittate, di proprietà oppure occupate – è in forte ascesa anche in Europa, che è arrivata tardi nelle mani del partito globale  degli sfratti.

Nel corso del ventesimo secolo è stato l’intervento statale, (come parte di un più vasto accordo keynesiano di un capitalismo occidentale con un corso più socialdemocratico), ad intervenire gradualmente a domare le varie crisi nazionali degli alloggi che affliggevano la classe operaia industriale. Ma oggi la socialdemocrazia è del tutto defunta dopo quarant’anni di politiche neoliberiste che hanno visto le società europee, e specialmente le loro città, radicalmente ristrutturate e ri-disciplinate su linee di libero mercato nell’interesse della speculazione finanziaria globale e dei consumi d’élite.

Il fenomeno acquista tinte diverse a seconda che si riferisca all’ Europa occidentale oppure all’ Europa orientale.

Per molti Paesi dell’Europa orientale  (Ungheria, Romania, Polonia), dove dopo la caduta dell’Unione Sovietica si era creata un’alta percentuale di proprietari-occupanti, grazie al processo di privatizzazione dei primi anni ’90, processo che permise a molti di acquistare l’immobile in cui vivevano, divenendo responsabili della manutenzione. L’impossibilità di effettuare la manutenzione di abitazioni di scarsa qualità e quindi di bassa efficienza energetica, per l’aumento dei costi portò i nuovi proprietari ad un grave indebitamento soprattutto a causa di arretrati nel pagamento delle bollette. In Ungheria, per esempio, questo riguarda un quarto della popolazione, rendendo l’indebitamento connesso all’energia una delle principali cause di sfratto.

Per la Grecia, che fino al 2010 aveva l’85 per cento di proprietari-occupanti, è stata la troika (l’alleanza della Banca Centrale con la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale) a porre quell’austerità che ha messo a rischio moltissimi proprietari di case.

Nell’Europa occidentale lo sfratto forzato di persone dalle loro case – affittate, di proprietà oppure occupate – è stato causato dal crollo finanziario del 2007/2008, dal successivo aumento delle tasse, e dalla riduzione del reddito a causa delle politiche di austerità, che ha messo nell’impossibilità le persone di pagare il mutuo o l’affitto, estendendo i casi di occupazione delle abitazioni vuote e aumentando il numero dei senzatetto.

Nell’aumento degli sfratti un ruolo essenziale gioca la trasformazione urbana e la “gentrification”, un processo di sfratto di massa, iniziato ben prima del crollo finanziario del 2007/2008, con il quale ha, però, acquistato grande forza e velocità. Interi quartieri che un tempo erano popolari vengono abitati da una classe borghese ed essi cambiano totalmente il loro aspetto.

Il fenomeno va sotto il nome di “gentrification” (coniato dalla sociologa inglese Ruth Glass nel 1964), laddove il termine “gentry” è di origine anglosassone e sta a rappresentare la piccola nobiltà di campagna inglese. Fenomeno fisico, sociale, economico e culturale per cui un quartiere cittadino, generalmente centrale – ma non necessariamente – abitato dalla classe lavoratrice ed in generale da ceti a basso reddito, si trasforma in zona d’elezione per la più ricca classe media.

Dalla perdita di alloggi sociali nel centro della città di Budapest alla trasformazione urbana di Istanbul, attraverso grandi città in Francia, Germania, Spagna e Italia, gentrification è un processo di pulizia sociale del continente a livello di Stato e corporazioni. Si crea una sopravvalutazione di terreni e una pressione al rialzo sui canoni di locazione, che spinge fuori le popolazioni della classe bassa dalle loro roccaforti tradizionali a beneficio del capitale globale. In tutti i casi, il risultato è uno spostamento di massa di comunità insediate, sia nei centri urbani sia nella periferia delle metropoli europee.

Sta di fatto che, dopo la crisi finanziaria del 2007/2008, è nata una nuova minaccia agli inquilini dall’esterno dello stato-nazione sotto forma di attori finanziari globali che perlustrano il pianeta in cerca di opportunità redditizie. Vi sono inclusi “locatori societari globali”, principalmente società di capitale di rischio come Blackstone e Goldman Sachs che agiscono come capitali-avvoltoio per accumulare ricchezza dall’espropriazione urbana di centinaia di migliaia di famiglie che perdono le loro case in seguito al mancato rimborso di mutui, i quali acquistano case pignorate e mutui ipotecari da banche in difficoltà.

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