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Libia, profughi liberati e mandati a combattere

Secondo quanto riferito da fonti ufficiali dell’Unhcr e di Al-Jazeera, i profughi in Libia, usati come merce di scambio dei trafficanti, adesso servono come soldati. Vengono vestiti, armati e inviati a combattere contro il Libyan National Army (Lna), l’esercito guidato dal Generale Khalifa Haftar. È così che il Governo libico riconosciuto, nel tentativo di resistere all’offensiva di Haftar, fa arruolamento di uomini nel suo esercito scatenando il panico nei centri di detenzione dove sono costretti alla reclusione i profughi in condizioni che, come già sappiamo, oltrepassano i limiti della tolleranza umana e calpestano diritti e dignità. Ora la situazione nei centri è peggiorata per i 1400 migranti: mancano elettricità, acqua e cibo.

Anche l’ultimo aeroporto rimasto in funzione, quello di Mitiga, è stato chiuso a causa di continui bombardamenti.

Libia nel baratro

Il Governo di unità nazionale libico (Gna) si difende e manda al contrattacco le forze armate, alle quali si sono unite in sostegno altre milizie, fra le quali quella di Misurata. Scuole chiuse a Tripoli e negozi svuotati a seguito dello stato di allerta. Intanto, Sarraj accusa il governo francese di Macron di sostenere l’azione offensiva dell’esercito di Khalifa Haftar, ma la Francia risponde di non essere stata in alcun modo al corrente dei piani di Haftar e di sostenere il Governo di Sarraj.

Significativo è il ritiro delle truppe militari degli Stati Uniti dai territori protagonisti del conflitto: scappano via mare, come profughi, utilizzando gli hovercraft, imbarcazioni prive di pescaggio, alle quali è consentito l’accesso alla maggior parte delle coste di tutto il mondo. Tali mezzi sono stati utilizzati per l’allontanamento dei soldati statunitensi perché, non essendo mezzi d’assalto ma da sbarco, avrebbero evitato equivoci che potevano motivare scontri con le forze ostili.

Sullo sfondo della fuga degli Usa dalla Libia, si continuano ad aggiornare i numeri di una situazione che va a peggiorare per la popolazione civile: fino ad ora si calcolano più di 34mila persone sfollate. In alcune zone è impossibile fare arrivare i servizi di soccorso e i civili non hanno possibilità di fuga. Le Nazioni Unite chiedono una tregua umanitaria temporanea per permettere l’allontanamento dei civili e per consentire di dare assistenza umanitaria.

di Anna Lisa Maugeri

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