Libia, l’inferno dimenticato
L’avventura sanguinosa che la comunità internazionale ha apparecchiato in Libia sembra essere stata dimenticata dall’Occidente. Purtroppo, nonostante il silenzio dei media, in Libia si continua a morire.
Almeno 13 persone sono state uccise negli scontri tra gruppi armati nella capitale Tripoli, ha dichiarato un portavoce dei servizi di emergenza della città. I combattenti hanno sparato in un distretto centrale dove hanno sede diverse agenzie governative e internazionali, insieme a missioni diplomatiche. Gli scontri si sono diffusi ieri nelle aree di Ain Zara e Asbaa.
È stata l’ultima escalation a minacciare la relativa pace dopo quasi un decennio di guerra civile in Libia, dove due gruppi di autorità rivali sono bloccati in una situazione di stallo politico. Le divisioni hanno scatenato negli ultimi mesi diversi episodi di violenza a Tripoli.
I combattimenti di ieri “hanno ucciso 13 persone, tra cui tre civili tra cui un bambino di 11 anni, e ne hanno ferite 30”, ha riferito il canale di notizie Libya al-Ahrar.
La missione delle Nazioni Unite in Libia UNSMIL ha affermato di aver ricevuto segnalazioni di vittime civili e ha chiesto un’indagine. “Qualsiasi azione che metta in pericolo la vita dei civili è inaccettabile. Invitiamo tutti i libici a fare tutto il possibile per preservare la fragile stabilità del Paese in questo momento delicato”, riporta un tweet dell’agenzia.
Gli scontri sono avvenuti tra due gruppi armati con grande influenza nell’ovest del Paese dilaniato dalla guerra: la Forza Al-Radaa e la Brigata Rivoluzionaria di Tripoli.
Un’altra brigata denominata “444” è intervenuta per mediare una tregua, schierando i propri mezzi armati in una zona cuscinetto a est di Tripoli.
di Redazione