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Libia: l’esercito entra a Sirte, l’Isis in fuga

di Salvo Ardizzone

Le milizie di Misurata, fedeli al Governo di Accordo Nazionale (Gan) di al-Serraj a Tripoli, sono entrate a Sirte dai quartieri occidentali occupando il porto e l’aeroporto.

I terroristi che non sono fuggiti sono imbottigliati nei quartieri centrali, soprattutto nell’enorme centro congressi di Ougadougou; lo stesso tristemente noto incrocio Zafarana, dove i tagliagole compivano le loro barbare esecuzioni pubbliche, è stato riconquistato. Tutte le cittadine costiere precedentemente occupate dai terroristi (Ben Javad, Nawfaliyah, Abu Grein ed Harawa) sono già state riprese nel corso dell’operazione “Solida struttura”, che adesso sta investendo il centro della città.

I combattimenti sono stati pesanti ed hanno già causato una ventina di morti ed un centinaio di feriti fra le milizie di Misurata. Determinante è stato il supporto delle Sas inglesi, presenti sulla linea dei combattimenti insieme a Special Forces americane, che hanno anche guidato una copertura aerea d’incerta nazionalità. La Marina, e si dubita possa trattarsi delle sole poche carrette a disposizione dei libici, sta bloccando il litorale impedendo la fuga via mare ai terroristi.

Secondo il “generale” Mohamed al-Gasri, portavoce dell’operazione, Sirte verrà liberata nei prossimi giorni. Che ci vogliano giorni o settimane per eliminare le sacche di resistenza degli irriducibili, è sotto gli occhi di tutti che l’Isis in Libia era una montatura gonfiata a dismisura dai media per giustificare i maneggi dei Governi occidentali. Quando l’evoluzione della situazione lo ha reso inutile, e gli accordi dietro le quinte sono stati raggiunti, è bastato che le milizie di Misurata passassero all’offensiva per sbaragliarlo. Un edificio posticcio che si è sgonfiato all’improvviso lasciando dietro di sé veicoli, armi, materiali e addirittura i resti delle barbe tagliate in fretta per meglio camuffarsi nella fuga.

Le intelligence favoleggiavano di migliaia di combattenti, rivaleggiando a chi le sparava più grosse per meglio accreditare una banda d’assassini come un pericolo serio. Nella realtà si trattava di bande raccogliticce di sbandati provenienti da mezza Africa e dalla Libia stessa, attirati dalle prospettive di guadagno, che si erano coagulati attorno a un nucleo sparuto di terroristi fuggiti da Siria ed Iraq.

Una grottesca armata Brancaleone a cui è stato permesso di scorazzare a piacimento fino al maggio scorso, quando hanno “conquistato” Abu Grein e sono giunte alle porte di Misurata da una parte e “minacciato” più volte i terminali petroliferi di Al-Sidr e Ras Lanuf dall’altra.

È vero che hanno stretto alleanze con le tribù locali dei Warfalla e dei Qaddafa (quella di Gheddafi) e sono stati diversi i Tabù del sud accorsi fra le loro bande, ma si è trattato della conseguenza dell’impunità accordata all’Isis, che ha fatto sperare alle prime due di riacquistare importanza ed alla gente della terza di continuare a fare i banditi da una posizione di privilegio. Null’altro di serio.

Con l’operazione “Solida struttura”, il premier al-Serraj acquista legittimazione politica grazie a quello stesso avversario di carta creato a bella posta per dare una motivazione al suo Governo, battendo al contempo il suo rivale Haftar che prometteva di liberarla lui Sirte.

Finisce così l’imbroglio da magliari messo su dall’Occidente per giustificare i suoi maneggi, con la piena acquiescenza di media nel migliore dei casi colpevolmente disinformati.

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