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Liberiamoci da 70 anni di occupazione Usa

Il dizionario definisce la parola Liberazione come il gesto del “liberare da una condizione di soggezione o di vincolo” che sia psicologica, fisica, politica e sociale. Liberare è allora un atto sacro e tale rimane se svolto rispettando delle condizioni morali fondamentali. In primis liberare qualcuno significa prestarsi con le proprie forze in soccorso dell’altro senza secondi fini, altrimenti non si potrebbe chiamare tale. Inutile forse commentare la presenza in territorio italiano di basi militari degli Usa e le numerose bombe atomiche nascoste all’interno, dalla potenza notevolmente più elevata rispetto a quelle del secondo conflitto mondiale: nonostante ciò, gli italiani hanno votato contrari al nucleare in occasione del Referendum.

In diverse parti di Italia nascono movimenti di gente il cui messaggio non è solamente un rifiuto della guerra (rappresentata dalla stesse basi) ma anche la manifestazione di una protesta contro la presenza di strumenti di guerra americani in territorio italiano. Cieli che pullulano di droni direttamente destinati ai Paesi del Medio Oriente e zone naturali disboscate e private della loro più grande bellezza per ospitare i progetti del Pentagono.

E’ il caso della Sicilia, isola di storiche conquiste e dominazioni nel cuore del Mediterraneo, che oggi ospita uno dei quattro esemplari nel mondo di sistema satellitare denominato Muos, da Mobile User Objective System: di diretta proprietà degli Usa, e non della Nato, queste antenne paraboliche hanno fin dall’inizio suscitato le reazioni dapprima di studiosi in campo elettromagnetico e di giornalisti attenti verso tali problematiche e poi, col tempo, di numerose aggregazioni di cittadini provenienti da tutta la penisola. Ne sono seguiti, nel corso degli anni, manifestazioni e proteste di ogni tipo, campagne di sensibilizzazione verso gente di tutte le fasce d’età e presidi permanenti nella zona della base di Niscemi dove, dal 1991, 46 antenne del tipo Nrtf-8 lavorano provocando aumento di casi di leucemia e tumori. Diverse sono le testimonianze di militari italiani ammalati che raccontano di aver prestato servizio nella stessa base dove, però, i militari americani venivano costantemente sostituiti.

Non una semplice ripetizione di ciò che a Comiso negli scorsi anni fu anche una lotta politica contro i missili della Nato, ma una vera e propria mobilitazione, partita dagli stessi cittadini, che da troppi anni non si vedeva in Sicilia: è aumentata dunque la consapevolezza di non “essere liberi” da ulteriori occupazioni. Se riflettiamo un po’ infatti, liberatori non sono coloro che ti liberano per poi costruirti basi militari e sistemarvi strumenti di guerra che vanno a contrastare con gli stessi principi di libertà e democrazia con i quali viene giustificata quella liberazione.

E’ noto infatti un importante trattato bilaterale, tra Italia e Stati Uniti, risalente al 20 Ottobre 1954  chiamato “accordo ombrello”: è proprio con quello che si legittimò la presenza militare americana in territorio italiano. Anche ciò andò a cozzare con il Trattato di Parigi del 1947 che decideva la smilitarizzazione principalmente di Sicilia e Sardegna. Così recitava l’art. 50: “In Sicilia e Sardegna, tutte le installazioni permanenti e il materiale per la manutenzione e il magazzinaggio delle torpedini, delle mine marine e delle bombe saranno o demolite o trasferite nell’Italia continentale entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato”.

Ma non è la prima volta che la legge italiana viene sottovalutata quando si tratta di interessi così grandi in ballo. Oggi infatti il Governo Siciliano si trova in conflitto con lo stesso Governo nazionale preoccupato dei suoi rapporti con gli Stati Uniti e la Nato: dopo aver, la Regione, rilasciato la revoca delle autorizzazioni concesse precedentemente dai governi precedenti. I siciliani si ritrovano ad essere stati condannati dal ministero della Difesa che definisce il Muos “di interesse strategico per la difesa nazionale”, a risarcire con almeno 25mila euro al giorno con decorrenza dal 29 Marzo 2013, per i danni provocati alla Marina militare Usa.

Sembrerebbe dunque la storia dello zio Sam che si appropria della casa dei siciliani per poi recintarla e costringere gli stessi non a bussare ma a scavalcare oltre i limiti “stabiliti”. Si legge in una nota del Ministero della Difesa che quella del Muos è una zona militare di “proprietà degli Stati Uniti” e che per questo gli abitanti del luogo non hanno alcun diritto di entrare.

Intanto, senza generalizzare più di tanto, quella italiana sembrerebbe più una situazione critica ma troppo sottovalutata: una presenza che, per l’insistenza con la quale si è imposta e continua a farlo nonostante l’opposizione del popolo, lascia emergere il suo aspetto più evidente, quello dell’occupazione implicita e nel caso della Sicilia, come sostengono molti attivisti, di una vera e propria “colonia”.

di Redazione

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