Libano: intervista a Mariam Karnib (Al-Manar)
Libano – Le definizioni geografiche sono per loro natura schematiche ed essenziali, a volte però risultano imprecise e riduttive, poiché per denominare un territorio non sempre tengono conto della sua identità, dell’antropologia o della sua storia. Inoltre queste definizioni sono influenzate dalla ragion di stato e prevale la posizione dell’osservatore e la sua prospettiva. Ad esempio, secondo una concezione cara alle diplomazie del secolo scorso, che considerava l’Europa centro della geografia mondiale, l’Oriente veniva declinato col parametro della distanza, come Vicino, Medio o Estremo. In seguito, l’avvento della potenza americana e la fine dell’eurocentrismo hanno spostato il baricentro della politica ancora verso ovest. Ma il neocolonialismo a stelle e strisce, ha modificato poco le prospettive e ha adottato i vecchi termini, anche in ambito geografico.
E’ bene chiarire che questo metodo non ci convince. Questo modello di Occidente è uno schema culturale ed ideologico che ci risulta estraneo ed imposto. E’ un blocco politico frutto di una visione obsoleta, costruito sulla pelle dei popoli. Viviamo in Italia, paese dell’Europa meridionale e la nostra prospettiva naturale è il Mediterraneo, un luogo che per secoli è stato crocevia di uomini e culture, frontiera mutevole e cerniera tra Africa ed Eurasia. Questo mare interno è un continente liquido in cui la definizione di distanza, nella sua accezione comune, scompare per fare posto al concetto di prossimità, o meglio, contiguità.
Consapevoli di questa visione, ci siamo avvicinati al Libano, paese del mediterraneo orientale. Conoscevamo il Libano attraverso la storia e la cultura e intuivamo la sua complessità. Ma non ci aspettavamo di trovare, in un area estesa come metà della Sicilia, un concentrato del mondo mediterraneo, le nostre comuni radici.
Abbiamo iniziato un percorso tra ragione e sentimento, in cui cultura e ideologia erano mitigate dall’intuito e dalla memoria. Ci siamo immersi nella folla che al tramonto passeggia sulla Corniche, il lungomare di Beirut, in un’atmosfera festosa e rilassata, simile alla riviera di Marsiglia o di Tangeri. Abbiamo ascoltato il pescatore di Sidone, che raccontava le storie del suo mare, e ci sembrava di essere in Sicilia. Attraversavamo i villaggi della valle della Bekaa, dove il sapore del timo e il colore degli uliveti, rammentavano i giorni trascorsi in Grecia.
Cercavamo conferme, le abbiamo trovate. L’anima del Mediterraneo era ovunque, intensa e radicata. Abbiamo apprezzato l’ospitalità e l’ingegnosità del popolo libanese, qualità umane che è possibile sperimentare viaggiando nel Maghreb o nell’Europa meridionale.
Anche il sentimento del sacro che caratterizza il territorio, rappresenta bene il patrimonio spirituale dei popoli mediterranei: in Libano convivono ben diciotto confessioni religiose ufficiali, ognuna con i propri riti e luoghi di culto. E in un mondo dominato dall’utilitarismo e da spietate regole economiche, il Libano offre esempi contrari, prove di abnegazione, di fede profonda: le testimonianze dei martiri, di coloro che versano il proprio sangue per difendere l’Islam e la terra dei padri, dalla violenza dell’aggressivo vicino sionista.
Attraversare il territorio libanese non è solo un viaggio fisico, è vivere la storia, le tradizioni di civiltà e popoli che per secoli, dal Nord-Africa agli altopiani iranici, si sono affacciati al Mediterraneo e hanno veleggiato tra le sue sponde, tra commerci, guerre e migrazioni.
Il Libano è simile ad un mosaico antico, formato da innumerevoli tasselli, ognuno con una precisa collocazione, un mosaico splendido e fragile, che merita di essere conosciuto e difeso. Per capire meglio questo paese, abbiamo posto alcune domande alla giornalista e storica libanese Mariam Karnib. Rivolgersi a lei non è stata una scelta casuale, i programmi di informazione e cultura che conduce presso la televisione “Al-Manar”, sono molto apprezzati e caratterizzati da elevata professionalità e competenza. D’altronde, la stessa “Al-Manar” è una delle emittenti più seguite nei paesi di lingua araba, poiché è ampiamente riconosciuto che con l’obiettività e la completezza della sua informazione, difende le ragioni degli oppressi, promuove l’unità dei musulmani e il dialogo con le altre confessioni religiose.
Dott.ssa Karnib, come nasce il suo interesse per il giornalismo e in che modo si avvicina al mondo dell’informazione ?
Il mio interesse per il giornalismo inizia dall’infanzia. Da piccola, quando frequentavo la scuola avevo già compreso che il mondo dell’informazione sarebbe stato una tra le possibili strade che avrei potuto intraprendere nel futuro….intuivo che questo percorso rappresentava sia una missione che una scommessa nei confronti del mondo intero, perché viviamo in un’epoca che spesso tenta di celare la verità e distorcere la nostra immagine (l’immagine di una società arabo-islamica credente che difende la sua etica e sviluppa le sue legittime aspirazioni). All’università ho studiato scienze politiche e gestionali e ho conseguito anche un’altra laurea in scienze sociali. Attualmente sto approfondendo i miei studi tramite un dottorato universitario in scienze sociali e antropologia.
La televisione “Al-Manar” è una delle più autorevoli e seguite emittenti dell’area arabofona. Può raccontarci la storia di questo importante progetto mediatico ?
Il canale televisivo “Al-Manar” è nato durante un periodo in cui vi era un estremo bisogno di un’informazione che mostrasse le ragioni dei perseguitati e degli oppressi nel mondo. In Libano, era l’inizio della resistenza, protrattasi poi per venti anni, contro l’occupazione israeliana, e nonostante l’intensificarsi del conflitto e la realizzazione da parte della resistenza di grandi vittorie, l’informazione mondiale, essendo schierata con il blocco occidentale, riportava in modo molto parziale e fazioso quanto avveniva; perfino i media del mondo arabo non accedevano direttamente alle informazioni, ma estrapolavano le notizie da ciò che riferivano le maggiori agenzie mondiali dell’informazione. Fu quindi necessaria un’informazione che descrivesse in modo diretto ciò che la resistenza faceva; “Al-Manar” fu la voce e l’immagine dal campo di battaglia al mondo e riportò in modo obiettivo quanto accadeva. La situazione si è poi sviluppata al punto tale che “Al-Manar” documenta non solo la resistenza in Libano, ma si occupa di tutte le problematiche che riguardano gli arabi e i musulmani. Ancora adesso questa è la sua linea che venne adottata nel 1993 ed è stata mantenuta fino ad oggi.
Su quali principi etici si fonda “Al-Manar” e quali obiettivi si prefigge? Ha un palinsesto centrato sull’informazione, o fornisce anche un contributo in tema religioso, culturale e sociale ?
Fin dalla nascita “Al-Manar” si è impegnata per essere una voce obiettiva che adopera la sua forza mediatica per il bene comune. Nel nostro canale televisivo escludiamo ogni atteggiamento che possa recare un’offesa a chi non è del nostro stesso parere. Rispettiamo tutte le confessioni religiose. In generale documentiamo tutto ciò che interessa l’individuo. Siamo lontani da ciò che provoca divisioni e discordie tra i musulmani e ci concentriamo su quello che ci unisce. Crediamo nel dialogo interreligioso e in ciò che migliora la vicinanza verso chi è diverso da noi.
D’altro canto, “Al-Manar” contrasta le linee politiche nemiche dell’Islam e del mondo arabo e in particolar modo si oppone nei confronti delle politiche occidentali che favoriscono Israele a scapito dei diritti dei palestinesi e degli arabi.
I programmi televisivi di “Al-Manar” sono molteplici e variegati e riguardano diversi aspetti della vita sociale, politica e religiosa; i programmi riguardano anche l’intrattenimento non futile, anche i bambini hanno uno spazio loro riservato. Vi sono programmi incentrati sul dibattito, aperti alla gente e documentari; inoltre, da poco tempo, “Al-Manar” produce film e sceneggiati riguardanti la storia della resistenza in Libano.
Il Libano è un crogiolo di religioni ed etnie. Innumerevoli civiltà hanno lasciato in duemila anni tracce evidenti, culture vive e qualche ferita non rimarginata. Persino nel territorio, la differente vocazione storico-sociale tra Libano-mare e Libano-montagna, rappresenta una complessità. Ai suoi occhi, questa diversità rappresenta un limite o una ricchezza ?
Questa pluralità rappresenta una ricchezza per il Libano, è il nostro patrimonio culturale.
I contrasti che avvengono tra le diverse fazioni del popolo libanese sono il risultato delle ingerenze esterne, da parte dell’Occidente, il quale non favorisce l’unione tra i libanesi poiché, a causa della delicata posizione del Libano nella regione, pretende di imporre i propri interessi e strategie.
Comunque, tramite il nostro canale televisivo ci impegniamo per mostrare questa diversità culturale in tutti i nostri programmi.
Per secoli il Mediterraneo è stato il luogo delle cento frontiere ed alleanze, ma è stato altresì una “pianura liquida”, una regione naturalmente votata agli scambi e all’incontro tra il vicino oriente e l’Europa meridionale. La comunità islamica libanese quale ruolo può avere oggi nel dialogo tra paesi musulmani ed europei che, tramite il mediterraneo, condividono Storia, cultura ed interessi economici?
Io credo che i musulmani hanno una difficoltà fondamentale nel rappresentare il vero volto dell’Islam di fronte al mondo. Il problema nasce dal profondo divario tra l’essenza dell’Islam e quello che poniamo in atto nelle nostre società, che per la maggior parte delle volte è condizionato da abitudini, tradizioni e molteplici influssi culturali importati ed estranei alla nostra identità. Dovremmo partire dalla corretta applicazione degli insegnamenti islamici prima di parlare in nome dell’Islam. Inoltre, siamo poco attenti nel modo di interloquire con i Paesi europei, accettiamo passivamente l’immagine con la quale siamo raffigurati, senza cercare di utilizzare tutte le nostre risorse sociali, mediatiche e culturali al fine di promuovere una relazione positiva. È nell’interesse di tutti i Paesi promuovere la reciproca comprensione, il dialogo, la conoscenza dell’altro e rifiutare ogni forma di propaganda.
Come dice l’Imam As-Sadiq (che la pace sia su di Lui): “Siate tra coloro che chiamano la gente al nostro credo senza l’ausilio della vostra lingua”. Il musulmano ha il dovere di dare di sé una buona immagine. I musulmani che risiedono nei Paesi europei, siano essi immigrati o visitatori o semplici viaggiatori, hanno una responsabilità duplice rispetto al musulmano che vive nei Paesi islamici.
Dott.ssa Karnib, dagli schermi di “Al-Manar”, Lei intervista musulmani europei convertiti all’Islam, racconta le loro storie, il loro percorso spirituale, la loro vita quotidiana. Attraverso queste esperienze, quali caratteristiche dell’Islam europeo ha evidenziato, quali problemi ed esigenze ha riscontrato nei musulmani che vivono nella società occidentale?
Si, il programma televisivo “L’Islam con altre lingue”, che racconta il percorso compiuto da persone di origine europea nell’Islam, è tra i migliori programmi che conduco e organizzo, è quello che preferisco, il più vicino al mio cuore. È molto interessante dialogare e presentare la storia di una persona che ha abbracciato l’Islam provenendo da un altro ambito culturale, poiché fornisce a tutti noi musulmani incoraggiamenti e nuovi approcci riguardo la religione, che spesso viviamo in modo scontato e istintivo. Giunge quindi la persona straniera, che è lontana dall’ambito sociale islamico per illuminarci riguardo aspetti che noi viviamo in modo consuetudinario, mentre lui scopre gli aspetti della religione islamica partendo dall’inizio e quindi tramite il suo racconto possiamo viverli in modo rinnovato.
Per quanto riguarda i problemi e le esigenze dei musulmani che vivono nelle società occidentali, la questione è legata alla struttura di queste collettività e alla visione che hanno della religione islamica e al rispetto che nutrono nei confronti di essa. Ogni musulmano che vive in una società occidentale affronta una doppia sfida; da un lato deve conoscere la propria religione nel miglior modo possibile e dall’altra deve preservare se stesso dalle molteplici tentazioni presenti nella società.
Comunque, credo che attualmente la possibilità di comunicare mediante i mezzi moderni, sfruttando, ad esempio, la disponibilità di argomenti riguardanti l’Islam rinvenibili su Internet, sia di fondamentale aiuto per il musulmano dovunque egli risieda.
Un’ultima domanda. Lei ha visitato più volte il nostro paese, quali ricordi e impressioni le sono rimasti dell’Italia?
Ah. L’Italia è per me un Paese molto caro ed è rimasto nel mio cuore. Trovo l’Italia un Paese dinamico e stupendo, per il carattere delle persone, la sua speciale natura geografica e il clima mite. Tra i tanti Paesi europei che ho visitato credo che l’Italia sia il luogo ideale in cui tornare per ulteriori visite. La gente non ha insofferenza nei confronti degli altri così come palesemente avviene in alcuni Paesi dell’Europa. Scorgo anche nel territorio italiano, nella sua particolarità geografica e nel comportamento della gente, dei fattori comuni con il mio Paese, il Libano.
Mi auguro che possiamo avere sempre buoni rapporti con l’Italia.
Traduzione di Sara Cherri e Wassim Mehdi
Testo originale in arabo dell’intervista: