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Portavoce di Al-Qassam: “Lavoriamo alla Resistenza e libereremo i prigionieri in Israele”

hamas2di Redazione

Il portavoce delle Brigate ‘Ezz id-din Al-Qassam, braccio armato di Hamas, è intervenuto ad al-Tuffaha, Gaza est, al raduno commemorativo per le sette vittime dei tunnel. Abu ‘Obeida ha confermato quanto dichiarato venerdì scorso dal leader politico di Hamas Haniya sulla preparazione della Resistenza con la finalità di potenziare le proprie capacità di resistenza in un confronto con Israele.

“La resistenza armata palestinese ha il diritto a riarmarsi per combattere l’occupazione israeliana. (…) La nostra è una scelta strategica ed è sempre operativa, aldilà delle circostanze”.

Per Abu ‘Obeida è un diritto del proprio fronte quello di lavorare al miglioramento della forza militare e specifica il leader che non s’intende aggredire, ma essere pronti a rispondere alla prima istigazione israeliana su Gaza. “Non stiamo incitando nessuno alla guerra, ma dobbiamo essere pronti a combatterla in qualunque periodo e se Israele tornerà a compiere i suoi crimini a Gaza faremo tremare la terra sotto ai suoi piedi”, ha affermato il portavoce con riferimento ai tunnel.

“L’incidente che ha causato la perdita di sette nostri fratelli non ci deve mortificare e non allenteremo la guardia sulla Resistenza, quindi continueremo a perfezionarla”.

Israele ha sempre sostenuto che il militare Shaul Oran, sparito nel corso della guerra israeliana contro Gaza del 2014, sia rimasto ucciso nella guerra. Ma i leader palestinesi oggi fanno sapere che il tunnel dove sette membri di Al-Qassam sono morti pochi giorni fa, sarebbe lo stesso in cui la Resistenza palestinese catturò Oran. Questo è quanto avrebbe affermato Khalil Al-Hayya, leader di Hamas e lo conferma in pubblico anche Abu ‘Obeida.

Un altro particolare si riscontra nelle dichiarazioni degli esponenti di Hamas e di Al-Qassam in questi giorni. Nelle parole di Abu ‘Obeida: “Hamas ha tutte le carte per costringere Israele alla liberazione dei prigionieri palestinesi”. Hamas starebbe lavorando alla liberazione dei prigionieri palestinesi nelle carceri dell’occupazione israeliana e si fa riferimento a un affare che potrebbe raggiungere il livello di quello del 2011, quando mille palestinesi furono rilasciati nell’accordo di scambio.

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