L’accordo sul nucleare visto dagli iraniani: intervista alla giornalista Amani Razie
di Anastasia Maniglio
Basta la parola “nucleare” per far associare nella mente dei più l’Iran al terrorismo. Ancora una volta.
Dopo tante tribolazioni e 36 anni di crimini contro il popolo iraniano, ci si è stretti la mano: a Vienna erano presenti i ministri degli Esteri di Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania e Iran.
Abbiamo rivolto delle domande alla giornalista Razie Amani Hamadani, per capire meglio le vicende da un punto di vista degli iraniani.
Come è visto dagli iraniani questo accordo?
“Vi sono due diversi approcci di fronte a quest’intesa tra l’Iran e le cosiddette sei potenze mondiali, che si riflettono in tutti gli altri aspetti politici, religiosi, culturali e sociali della vita del popolo iraniano dal ‘79 in poi. C’è chi vede in quest’intesa, la chiave per aprire tutte le porte verso una fioritura economica e non solo. È importante ricordare che durante le campagne elettorali passate si è parlato spesso delle sanzioni come la principale causa di ogni tipo di problematiche economiche e politiche del Paese, proponendo di porre fine all’ostilità verso l’Occidente e adottare una politica di apertura verso il mondo e quindi verso gli Stati Uniti come la soluzione di ogni problema.
Dall’altro lato c’è una parte considerevole della popolazione che guarda all’Occidente, e in particolare agli Stati Uniti, con più diffidenza a causa dei fatti storici successivi alla Rivoluzione islamica del ‘79. Questa parte è quella che seguirebbe comunque le indicazioni della Guida Suprema in quanto la più alta autorità religiosa e politica, il cui dovere e funzione è la salvaguardia della Repubblica Islamica com’è stata intesa e fondata dall’Imam Khomeini e della sovranità nazionale”.
L’accordo si sarebbe dovuto concludere a Vienna il 30 giugno, cosa ha portato a rimandare sempre più in là il giorno delle firme?
“I continui rinvii sono stati motivati dalla natura stessa dell’intesa, molto complessa, sia dal punto di vista del numero di problematiche da trattare sia per le profonde divergenze politiche durate per decenni tra le due parti; ma anche per gli aspetti tecnici della questione del nucleare iraniano che incidono in modo diretto su molte altre tematiche di primaria importanza.
Ad ogni modo è importante ricordare che l’intesa raggiunta tra la Repubblica Islamica dell’Iran e il Gruppo 5+1 , (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania), potrà essere considerata esecutiva solo dopo essere stata approvata dal Parlamento iraniano (Majles) e dal Congresso americano”.
Obama ha dichiarato che, senza questo accordo, si sarebbe rischiata una guerra. Condivide questa opinione?
“Quello dell’Accordo di Vienna tra l’Iran e il 5+1, tra l’altro tutti e sei già in possesso di centinaia di testate nucleari, è probabilmente l’ultimo cavallo di battaglia del Partito Democratico per le prossime presidenziali americane e naturalmente le dichiarazioni del presidente Obama, avendo un uso prevalentemente interno, dovrebbero essere considerate soprattutto sotto questa chiave di lettura. Gli Stati Uniti sia ai tempi di G. W. Bush, sia dell’amministrazione dello stesso Obama, hanno parlato di un possibile intervento militare in Iran. Non scordiamo che per il presidente Obama ‘tutte le opzioni sono rimaste sempre sul tavolo’ ma sarebbe da ingenui credere che se la carta della guerra contro l’Iran non è stata giocata, è per una bontà d’animo dei governi americani o per mutate intenzioni, diventate pacifiche, della costante politica di guerra israeliana. Io sono del parere che il problema degli Stati Uniti ma soprattutto di Israele è, e rimarrà, la Repubblica Islamica dell’Iran, fin quando essa resterà coerentemente tale”.
Cosa pensa riguardo alla posizione di Netanyahu, che ha definito questa soluzione come “resa dell’Occidente all’Asse del Male”?
“A mio sommesso parere, questo accordo non sarebbe stato firmato se Israele non avesse dato comunque un suo consenso, anche se velato e accompagnato dalle solite dichiarazioni minacciose di un Netanyahu che è sempre certo di poter contare e gestire l’amministrazione americana e quella dei membri occidentali del G5+1. Quando Netanyahu parla dell’’Asse del Male’, possiamo percepire il suo forte timore dell’Asse della Resistenza nei Paesi islamici, che dall’Iran, Siria e Libano, si sta estendendo a macchia d’olio in altre aree come lo Yemen, il Bahrain, la stessa Arabia Saudita, la Nigeria e così via”.
Netanyahu ha, inoltre, dichiarato che la clausola che stabilisce il preavviso per l’ispezione di alcuni siti “è come anticipare a spacciatori di droga che i loro laboratori saranno esaminati”: qual è la Sua idea in proposito?
“La questione delle ispezioni dei siti nucleari, è stato uno dei nodi più difficili da sciogliere nelle lunghissime trattative; ispezioni che volevano persino essere estese ai siti militari dell’Iran. Ad un più attento esame, se nell’accordo esistono ambiguità riguardo a questo delicato tema, sarà il Parlamento (Majles) e il Consiglio Supremo della Sicurezza Nazionale iraniano, dalla cui conferma dipenderà la validità e l’applicabilità dell’accordo stesso, a rilevarlo”.
Si è parlato dell’eventuale ripristino delle sanzioni contro l’Iran, in caso di mancato adempimento agli obblighi dell’accordo. Cosa hanno causato in passato queste sanzioni?
“Le sanzioni, al contrario di quanto è stato detto sia negli ambienti riformisti iraniani sia in tutto il resto del mondo, sono state un’arma a doppio taglio. Molti Paesi europei, ma non solo europei hanno dovuto sostituire il partner iraniano nel mercato, cercando di trovare soluzioni difficili e non sempre adeguate e vantaggiose per loro, il che ha comportato una perdita economica enorme per entrambe le parti, ma esiste anche la realtà innegabile che la Repubblica Islamica dell’Iran, durante questi 30 anni di embargo, ha fatto passi da gigante nello sviluppo industriale in tantissimi settori e in particolare nel settore dell’industria della difesa, della tecnologia nucleare e della biotecnologia”.
Pensa che cambierà qualcosa, per quanto riguarda il ruolo dell’Iran nella scena internazionale? Si modificheranno i rapporti dell’Iran con gli altri Paesi del mondo?
“La Repubblica Islamica dell’Iran, nella sua politica estera si è dimostrata sempre più forte e autorevole e nello stesso tempo ha potuto mantenere un rapporto equilibrato, anche se molto complicato e spesso osteggiato, nella Regione. È evidente che una tale forza e sovranità mette a serio repentaglio gli interessi di un Israele che vorrebbe realizzare quello che viene percepito da molti come un suo ‘diabolico’ progetto del Nuovo Medio Oriente.
Nonostante le molteplici guerre americane nella Regione dall’Afghanistan in Iraq che hanno inciso fortemente sulla stabilità politica alimentando insicurezza in Medio Oriente, la Repubblica Islamica dell’Iran si è dimostrata forte e decisa restando ferma sulle sue posizioni di sovranità e indipendenza.
L’ultima e forse la più importante battaglia della Repubblica Islamica resta la lotta al terrorismo, che attualmente si è presentato nella sua forma più selvaggia e organizzata in quel fenomeno mostruoso chiamato Isis, le cui radici e i cui progettisti e sostenitori sono stati gli stessi che ora, alzando la bandiera di una falsa coalizione internazionale contro il terrorismo, si spingono sempre più nel cuore dei Paesi Islamici, dal Medio Oriente all’Africa. Ma lo sanno tutti, compresi gli stessi terroristi, che l’unico vero e temibile nemico dell’Isis e del Takfirismo in genere, è la Repubblica Islamica dell’Iran”.
Cosa sperano per il futuro gli iraniani?
“La Nazione iraniana non è una nazione omogenea, come non può esserlo nessun’altra, ma vi sono degli elementi che la rendono unita e impenetrabile di fronte alle minacce, nelle circostanze particolarmente pericolose e nei momenti decisivi. L’identità islamica-sciita che incide fortemente nella vita del popolo iraniano, come ha testimoniato la storia, è stata ed è un elemento da non sottovalutare mai. L’altro elemento decisivo per la nazione iraniana è l’amore per la Patria; un sentimento forte di nazionalità che in diversi momenti critici è riuscito a unire e a tenere unito il popolo, pur multietnico, iraniano. Il futuro dipende, in modo diretto da quanto gli stessi iraniani manterranno viva la loro coscienza culturale, religiosa e nazionale, elementi che nella storia hanno fatto dell’Iran una Nazione Libera, ‘Orgogliosa’ e Sovrana”.