La Resistenza irachena sgretola il “mito” dell’Isil
Il famigerato gruppo terroristico dell’Isil non è un’entità soprannaturale. Si tratta di un’organizzazione criminale con buone capacità di combattimento e migliaia di mercenari disposti a morire. Ma non è invincibile. Creato come holding del terrore da Stati Uniti ed alleati (Israele e Arabia Saudita), è stato sostenuto da una campagna mediatica senza precedenti, tanto da far apparire l’Isil un’armata invincibile. Ma il tutto senza fare i conti con la Resistenza irachena.
Questa tesi è stata smentita circa tre settimane fa in Iraq, nella regione di Jaref al-Sakher. Naturalmente, Stati Uniti e media occidentali non si sono preoccupati di mettere in evidenza l’imponente battaglia avvenuta in questa area, equivalente come importanza strategica a quella avvenuta lo scorso anno nella regione siriana di Qusair ad opera di Hezbollah.
Quello che è successo a Jaref al-Sakher è stato un risultato storico raggiunto dai combattenti della Resistenza irachena, che in precedenza avevano combattuto l’occupazione americana. Ci riferiamo alle Brigate Hezbollah, alla Lega dei Giusti, alle Brigate al-Badr e Saraya al-Salam (del movimento sadrista). Il Generale Qassem Soleimani, comandante della forza Qods delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, è stato lo stratega che ha coordinato le forze sul campo.
La lezione di Jaref al-Sakher dimostra che il popolo iracheno rappresenta una forza da non sottovalutare quando ben organizzata e attivata. Questa forza – come è in effetti accaduto – è stata in grado di schiacciare le orde dell’Isil. Ciò è in linea con ciò che la Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei aveva dichiarato il mese scorso al primo ministro iracheno Haider al-Abadi: “L’Iraq, il suo governo e la sua gente, soprattutto i giovani di questo Paese, hanno la capacità per sconfiggere i terroristi e ripristinare la sicurezza. Non vi è alcuna necessità della presenza straniera nel Paese”.
Jaref al-Sakher si trova a metà strada tra Baghdad e Karbala, è un prolungamento meridionale della provincia di Fallujah, una delle roccaforti di al-Qaeda prima e dell’Isil ora in Iraq. Questa regione dopo il 2003 venne chiamata il triangolo della morte, perchè da qui partivano la maggior parte delle autobombe dirette a Baghdad. Nel 2010 era divenuta la capitale dell’Isil, da qui gli attentatori suicidi partivano per attaccare i civili a Musayyib, Hilla, Karbala e Baghdad. Dopo la caduta di Mosul, l’Isil considerava Jaref al-Sakher “un pugnale nel fianco degli sciiti”. Per questo motivo, il gruppo terroristico ha rafforzato la propria presenza militare nei villaggi e nelle zone rurali di Jaref al-Sakher, massacrando e torturando centinaia di civili sciiti.
Sotto il regime di Saddam Hussein, Jaref al-Sakher era un porto sicuro per le bande criminali, tra cui trafficanti di droga e assassini. Anche Saddam evitò di intervenire per riportare la sicurezza nella regione. Per gli americani il problema di Jaref al-Sakher era di difficile soluzione militare, dato il suo terreno coperto da alberi secolari, palme e per una forte presenza di terroristi dell’Isil.
Ciò che gli americani non potevano o non volevano fare, è stato fatto dalle forze sciite coordinate dal Generale iraniano Soleimani. L’alto ufficiale iraniano ha condotto in prima persona la battaglia, come già accaduto in altre regioni in passato. La speranza è che il popolo iracheno si compatti definitivamente in tutte le sue componenti etniche e religiose, per far fronte al cancro terroristico che lo attanaglia da decenni, liberandosi una volta per tutte da ogni forma di ingerenza e occupazione militare straniera.
di Giovanni Sorbello