La Merkel vola in Turchia a mercanteggiare su migranti e ammissione Ue
Sfruttando con rivoltante cinismo gli effetti della guerra in Siria, che lui stesso ha in tutti i modi sobillato, Erdogan rientra insperatamente nel gioco politico con la Ue.
Il presidente turco ha compreso bene sia l’inconsistenza del controllo di Bruxelles sui singoli Paesi, sia l’isterica fobia suscitata dai migranti; spingendo masse sempre più grandi di disperati verso l’Europa, lui, che del problema è una delle cause, agli occhi miopi dell’establishment europeo s’è accreditato come “soluzione”.
Domenica scorsa Merkel è volata ad Ankara, reiterando la promessa della Ue di aiuti per tre miliardi, un’accelerazione per le trattative per l’adesione all’Unione (da tempo su un binario morto per la deriva autoritaria del Paese e per il veto posto da alcuni Stati membri), e ha ventilato la possibilità di un nuovo piano di accoglienza dei migranti, stavolta per 200mila soggetti, che verrebbero presi direttamente nei campi profughi della Turchia (in pratica un mercato di braccia, dove i Paesi europei sceglierebbero chi interessa, lasciando gli altri a marcire).
L’accelerazione improvvisa sull’adesione di Ankara alla Ue è doppiamente singolare se si considera che, appena dieci giorni prima, la Cancelliera aveva dato l’ennesimo parere negativo sul suo ingresso in Europa, ed è poi risaputo che il rapporto annuale di Bruxelles sulla Turchia è fortemente critico sulla sua politica e sulla situazione generale dello Stato (leggi: deriva antidemocratica, norme liberticide, economia allo sbando).
Ma Merkel non può aspettare: dopo aver aperto le porte della Germania, pensando di poter scegliere mano d’opera qualificata a basso prezzo da integrare in un’economia tedesca affamata di braccia, adesso si sta vedendo sommersa da nuovi arrivi (da 800mila ad un milione entro gennaio) e vuole correre rapidamente ai ripari, come al solito imponendo la sua agenda all’intera Ue.
Erdogan, e il suo primo ministro Davutoglu, dinanzi a simili interlocutori sanno d’avere il coltello dalla parte del manico: i tre miliardi d’aiuti sono ritenuti scarsi; d’accordo per proseguire i negoziati per l’adesione alla Ue, ma per il “sultano”, a cui ciò interessa ormai assai poco, è solo un formidabile assist da spendere nelle fasi finali di una campagna elettorale per lui cruciale. Ciò che gli sta a cuore veramente, è che l’Europa si schieri compatta sulla tesi che per pacificare la Siria occorre che Bashar Al-Assad esca di scena.
A terrorizzare le cancellerie europee penseranno le masse di disperati che lo stesso Erdogan, usandole come arma politica e mezzo di ricatto, rovescia sul Vecchio Continente. E che abbia buon gioco su Bruxelles, lo dimostra il fatto che la pubblicazione del rapporto sulla Turchia sia stato fatto slittare a dopo il primo novembre per non danneggiarlo nella tornata elettorale.
Poche considerazioni su tutto questo: la Ue non manca occasione per dimostrarsi un ectoplasma sempre più debole ed allo sbando; la Merkel continua ad agire secondo le proprie immediate convenienze, imponendo agli altri di adeguarsi. Resta Erdogan, che per la vigliacca pochezza degli interlocutori, si vede rimesso al centro di una trattativa diplomatica dopo essere stato emarginato da tutti per la sua folle inaffidabilità, con in più la possibilità di “spendere” l’evento in una campagna elettorale per lui difficilissima.
Ultima notazione a dimostrazione del cinico egoismo di questa Europa: l’argomento su cui ha più insistito la Merkel (in questo si, col pieno mandato di tutti) è la firma degli “accordi di riammissione”; in pratica per rispedire indietro quei migranti che non dovessero essere considerati utili alle economie dei vari Paesi. Condannati a ritornare in autentici lager, ma lontani dagli occhi ipocriti di questa Europa indegna.