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La guerra di Israele: due miliardi di euro per uccidere duemila civili

di Manuela Comito

Martedì 2 settembre, il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, intervenendo durante una conferenza a Tel Aviv, ha dichiarato che i costi dell’ultima offensiva militare contro la Striscia di Gaza, denominata “Protective Edge” e durata 51 giorni, si aggirano intorno ai 2,5 miliardi di dollari. Secondo quanto pubblicato sui media israeliani e ripreso da Alalam News Network, più di seimila obiettivi sono stati colpiti, di cui cinquemila dall’aviazione militare e più di 900 dalle truppe di terra e dalla marina. Yaalon ha dichiarato che l’intercettazione di un solo razzo palestinese ad opera del sistema di difesa israeliano Iron Dome costa al governo di Tel Aviv 100 mila dollari. Tuttavia, si è detto ‘pienamente soddisfatto’, in quanto gli elevati costi vanno inquadrati nell’ottica della prevenzione di un “danno potenziale”.

Intanto, domenica 31 agosto il governo israeliano ha approvato drastici tagli di bilancio per contribuire a coprire i costi della campagna militare di Gaza. L’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza si è conclusa il 26 agosto, in seguito a una tregua tra le parti stipulata con la mediazione dell’Egitto, dopo che i precedenti tentativi di imporre un cessate il fuoco, anche temporaneo, erano falliti. L’accordo prevede la fine dell’assedio israeliano sulla Striscia, assedio criminale e illegale che dura da ormai sette anni, e la garanzia del rispetto di tutte le richieste palestinesi.

Il bilancio dell’aggressione sionista contro la Striscia di Gaza è terribile: 2140 palestinesi uccisi, di cui 577 bambini; 11 mila feriti, di cui 3000 bambini; 500 mila sfollati; diecimila abitazioni totalmente distrutte; 177 scuole, 10 ospedali, 7 cliniche, 197 moschee e 2 chiese gravemente danneggiati; 73 moschee totalmente distrutte. Parzialmente distrutto l’impianto idrico, totalmente distrutta la centrale elettrica. Per ricostruire Gaza occorreranno 10 anni e risorse economiche di cui i palestinesi di certo non dispongono. Forse sono questi i “numeri” che il ministro della Difesa israeliano dovrebbe prendere in considerazione. Ma temiamo che si direbbe ‘pienamente soddisfatto’ anche di questi.

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