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La Campagna elettorale in Australia si gioca tra Murdoch e la vita di uomini, donne e bambini

Camberra. Centro di detenzione immigrati

di Cristina Amoroso

Il prossimo 7 settembre si terranno le elezioni generali in Australia. I principali candidati saranno lo stesso primo ministro Rudd, che guida il Partito laburista, e Tony Abbott, leader del partito dei conservatori. Alle elezioni parteciperà anche il Wikileaks Party, da poco fondato dal fondatore di Wikileaks, Julian Assange.                                                           Mentre l’economia nazionale continua a mostrare segni di difficoltà Rupert Murdoch, che controlla il 70% del mercato dei quotidiani australiani, infiamma la campagna elettorale con le critiche al governo Rudd inadatto, secondo lui,  a risolvere la situazione, forse per paura del progetto National Broadband, un piano del governo per costruire una rete internet a banda larga in grado di coprire il 99 percento del territorio australiano.

Mentre la lotta, fomentata da Murdoch, si presenta incandescente tra il partito laburista in crisi e il centro destra, il giornalista australiano John Pilger, membro del Comitato consultivo dell’Organizzazione per una società partecipativa (IOPS), sostiene nel Guardian che “la campagna elettorale in Australia si combatte sulle vite di uomini, donne e bambini. Alcuni annegati, altri esiliati senza speranza in campi malarici. Bambini incarcerati dietro il filo spinato in condizioni descritte come “enormi generatrici di malattie mentali”. Tale barbarie è considerata premiante in termini elettorali sia dal governo australiano, sia dall’opposizione”.

Si fa riferimento alla politica di Canberra, conosciuta come “stop alle barche”, abbracciata ultimamente per motivi elettorali anche dal primo ministro Kevin Rudd secondo la quale a nessun rifugiato delle barche è permesso di approdare in Australia, devono essere mandati in campi di concentramento nell’impoverita Papua Nuova Guinea, il cui governo è stato appropriatamente corrotto.

“Tra di loro ci sono persone che fuggono da guerre, e dalle loro conseguenze, delle quali l’Australia e il suo mentore, gli Stati Uniti, hanno la responsabilità. Quelli che sopravvivono sono fatti prigionieri in duri gulag nelle isole più isolate della terra. Donne e bambini mandati nell’isola equatoriale di Manus hanno già dovuto essere evacuati a causa di infestazioni di zanzare. Ora Manus deve ricevere altri 3.000 rifugiati che, essendo loro negati i diritti legali, potranno trascorrervi anni”. Le azioni del laburista Rudd sono illegali, essendo l’Australia firmataria della Convenzione del 1951 sui Rifugiati come erano illegali le Azioni nel 1992 del governo laburista di Paul Keating che fu il primo ad imporre la detenzione obbligatoria illegale dei rifugiati, in un’alleanza con i media dominati da Rupert Murdoch. Con questa politica razzista si permette all’Organizzazione Australiana dei Servizi per la Sicurezza (ASIO) ogni valutazione ed incarcerazione indefinitamente.

La notizia della politica di Rudd sullo “stop alle barche” deve avere colpito anche la Lega che in una nota di Max Ferrari afferma: “La deportazione e la violenza nei confronti dei profughi e degli immigrati in genere sono accettabili se attuati da un governo di sinistra? Pare di sì visto e considerato che coloro che in Italia urlano al razzismo ogni qualvolta la Lega chiede un minimo di legalità e di controllo alle frontiere, sono poi silenti di fronte a quello che stanno combinando i “kompagni” australiani che, in calo di consensi, hanno cambiato premier e hanno varato una legge sull’immigrazione di una durezza che in Europa non sarebbe nemmeno proponibile. (…) Una immigrazione controllata sulla falsariga della legge Bossi-Fini, insomma, ma ben più stringente e ben più attuata. La stessa legge, guarda un pò, che Kyenge, Boldrini e compagni vorrebbero abolire alle nostre latitudini.

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