Jenin devastata da Israele
È stato un assalto durato “appena” 72 ore, quello messo in atto dal regime sionista che, con la bava alla bocca, dopo aver devastato Gaza, ha iniziato a colpire la Cisgiordania. Sono 12 i morti ufficiali nel campo profughi di Jenin. Hanno saccheggiato case, hanno umiliato uomini spogliandoli, hanno tagliato acqua e luce, bloccato le derrate alimentari tanto che il campo è allo stremo.
Sul profilo di X della rivista Middle East Eye, si possono trovare dei video eloquenti: uomini e giovani lasciati in ginocchio, seminudi, in marcia con gli occhi bendati, legati uno all’altro con il primo della fila costretto a tenere in mano una bandiera israeliana. “I soldati sono più brutali del solito”, dice una donna che vive nel campo di Jenin che non ha pace da anni, con l’imbarbarimento avvenuto con l’ennesima elezione del governo più a destra della storia di Israele che ha incrementato i raid tramite elicotteri e droni.
Nakba del 1948
Molti dei rifugiati dell’esodo palestinese vivono nel campo di Jenin, il territorio dove i bulldozer sionisti hanno sradicato tutto quello che si sono trovati dinnanzi. È uno dei posti più poveri del pianeta. Hanno distrutto il cavallo costruito con i resti delle ambulanze andate distrutte durante l’invasione del 2002 e il memoriale alla giornalista di al-Jazeera, Shireen Abu Akleh, ammazzata da un militare sionista.
Come a Gaza, anche a Jenin vengono presi di mira gli ospedali che sono letteralmente circondati dai militari che controllano le ambulanze che vanno e vengono. Nei giorni scorsi un cecchino ha ucciso un ragazzino di 17 anni, Musa Ahmed Khatib, disarmato. La notizia è stata data da Medici Senza Frontiere sempre su X che aggiunge: “I paramedici sono stati fatti scendere dalle ambulanze, sono stati costretti a denudarsi e inginocchiarsi mani dietro la testa. Questo va avanti dal 7 Ottobre, con l’esercito israeliano che spara sugli ospedali oltre che lanciare lacrimogeni e umiliare lo staff medico”.
Jenin culla della Resistenza
A Jenin manca l’acqua, manca il cibo, mancano le medicine. I feriti rimangono in strada perché le ambulanze non si possono avvicinare. L’unica alternativa che rimane ai palestinesi è quella di prendere le armi e resistere.
Sono inequivocabili le parole di May Golan, ministro israeliano ed ebrea ortodossa, eletta nel Likud: “Non mi importa niente dei palestinesi e di Gaza, possono gettarsi in mare e nuotare. Voglio vedere Gaza circondata dai corpi dei terroristi. Questo è quello che voglio”. Dalla più “grande democrazia del Medio Oriente” è tutto.
di Sebastiano Lo Monaco