Israele, diamanti insanguinati finanziano la guerra

Mentre il mondo è concentrato sui crimini di guerra del regime israeliano a Gaza, un nuovo rapporto rivela che l’industria diamantifera israeliana svolge un ruolo chiave nel finanziamento del regime. Israele controlla quasi un quinto del mercato mondiale dei diamanti. Gli attivisti per i diritti umani avvertono che gli acquirenti di diamanti dovrebbero essere consapevoli del fatto che potrebbero sostenere inconsapevolmente un genocidio.
Secondo un rapporto del Middle East Monitor, l’industria diamantifera israeliana, che lavora e lucida ogni anno diamanti grezzi per un valore di miliardi di dollari provenienti da Africa, Canada e Russia, è uno dei pilastri principali dell’economia israeliana.
Questo settore non solo sostiene l’economia israeliana, ma contribuisce anche direttamente al finanziamento di progetti di apartheid e crimini di guerra in Palestina. Fonti informate sottolineano che i diamanti lavorati da Israele finanziano crimini di guerra e sono collegati a gravi violazioni dei diritti umani, tra cui il genocidio a Gaza.
Lavorando e lucidando il 20% del valore totale dei diamanti mondiali, il regime israeliano gode di un predominio ineguagliabile in questo mercato. Il volume del commercio di diamanti grezzi che confluisce nei territori occupati ammonta a miliardi di dollari, trasformando Israele in un importante punto di accesso globale. Questa enorme quota di mercato consente al regime occupante di generare ingenti entrate per il suo bilancio militare e le sue operazioni belliche.
Pressione sulle grandi aziende affinché interrompano i legami con Israele
In uno sviluppo chiave, gli azionisti attivisti di Anglo American, la società madre di De Beers, hanno collegato la filiera di fornitura di diamanti dell’azienda ai crimini di guerra israeliani e hanno chiesto di interrompere i legami con il regime.
De Beers, che controlla oltre la metà dell’offerta mondiale di diamanti grezzi, è ora sotto forte pressione. Anglo American ha recentemente annunciato l’intenzione di vendere la sua partecipazione in De Beers, una mossa che, secondo alcuni analisti, potrebbe infliggere un colpo fatale all’industria diamantifera israeliana.
Anche Paesi africani come il Botswana e l’Angola sono in competizione per acquisire o diventare soci di De Beers. Questa competizione non solo influenzerà il futuro del mercato dei diamanti, ma potrebbe anche interrompere il flusso finanziario verso il regime israeliano. Gli attivisti affermano che la De Beers è vitale per l’economia del regime occupante israeliano e che interrompere i legami con essa priverebbe il regime di un’importante fonte di finanziamento.
Violazione degli standard internazionali
Il rapporto sottolinea che nessuna azienda attiva nel settore dei diamanti ha riconosciuto i territori palestinesi occupati come “area ad alto rischio e colpita da conflitti”, nonostante le linee guida dell’OCSE. Tali linee guida impongono alle aziende di sospendere i rapporti con i fornitori coinvolti in crimini di guerra o genocidio.
I diamanti grezzi vengono spediti dall’Africa ai territori occupati e i proventi generati vengono investiti direttamente nei progetti criminali di Israele in Palestina. Queste rivelazioni giungono mentre organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch accusano il regime israeliano di aver commesso un genocidio.
Gli acquirenti di diamanti di tutto il mondo, dalle gioiellerie di lusso ai marketplace online, sono inconsapevolmente parte di questo ciclo. Le campagne di boicottaggio si stanno ora concentrando sull’industria dei diamanti e chiedono sanzioni immediate.
Gli esperti prevedono che, con la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica, il mercato dei diamanti israeliano, che rappresenta oltre il 10 percento delle esportazioni totali del regime, andrà incontro a una grave crisi.
di Redazione



