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Missione militare italiana in Niger: a chi serve?

Il primo ministro italiano Paolo Gentiloni chiederà al Parlamento di trasferire nel Niger alcuni dei 1400 soldati italiani schierati in Iraq. Proposta ufficializzata dal ministro la vigilia di Natale, approfittando del suo intervento di saluto all’equipaggio della Nave Etna che opera nell’ambito dell’operazione Eunavfor Med Sophia. 

Solo a maggio il ministero della Difesa smentiva le notizie relative all’invio di militari italiani in Niger. In un comunicato diffuso il 17 maggio scorso veniva sottolineato che non vi era “nessuna ipotesi operativa al riguardo” e che “la simulazione e pianificazione di tali azioni rientrava nella normale attività addestrativa degli stati maggiori e riguardava le principali aree di crisi”. Ora, che Mosul è stata liberata, ci sono le condizioni perché il contributo italiano in Iraq diventi un contributo al consolidamento del Niger, l’Italia deve “continuare a lavorare concentrando la nostra attenzione e le nostre energie sulla minaccia della tratta di esseri umani e del terrorismo nel Sahel”, ha dichiarato Gentiloni.

Quale è il motivo di questa nuova missione militare?

Ufficialmente la nuova missione avrà il ruolo di consolidare il Niger, contrastare il traffico degli esseri umani e combattere il terrorismo, come ha spiegato il primo ministro Gentiloni, che ha anche aggiunto: “Noi tuteliamo il nostro interesse nazionale e lo facciamo sempre in amicizia con gli altri Paesi, mai in contrapposizione. Il compito dei nostri militari non è mai stato quello di trovarsi un nemico. Noi vogliamo costruire dialogo, amicizia e pace nel Mediterraneo e nel mondo”.

Le stesse parole che il premer aveva utilizzato il 13 dicembre scorso, alla fine del vertice G5 di Sahel di La Celle-Saint-Cloud, nell’impegno preso con il presidente della Francia, Emmanuel Macron, siglato proprio durante il G5.

Non si tratta solo di un impegno preso con il numero uno dell’Eliseo, che ha trascorso la vigilia di Natale in Niger insieme a centinaia di militari francese impegnati in un’operazione contro i terroristi nel Sahel. Accolto a Niamey dal presidente nigerino Mahamadou Issoufou, Macron ha poi raggiunto la base di Barkhane, dove sono di stanza 500 uomini e dove l’anno prossimo trascorrerà il Natale probabilmente il neo eletto premier italiano o Gentiloni stesso.

Oltre all’imperialismo francese c’è anche la guerra permanente e l’imperialismo Usa

Il Niger è il quarto produttore più grande al mondo di uranio, un componente chiave della tecnologia nucleare, in particolare delle armi. Le risorse di uranio sono ampiamente controllate dalla Francia, che ha colonizzato il territorio a partire dalla fine del 19° secolo durante la “Spartizione dell’Africa”. La “Areva”, l’azienda francese che coordina l’estrazione mineraria dell’uranio nel Paese, è interessata a mantenere il suo controllo neo-coloniale del Niger.

Il Paese del Sahel ha ottenuto l’indipendenza nel 1960, tuttavia, è rimasto all’interno della sfera politica ed economica di Parigi. L’attuale leader del Niger, il Presidente Mahamadou Issoufou, ha preso il potere nel 2011, dopo una lunga lotta politica. Ha ereditato un Paese devastato dai saccheggi neo-coloniali, che hanno causato un enorme debito col Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e altre istituzioni finanziarie occidentali.

Il Niger è fortemente dipendente dall’assistenza del capitale finanziario internazionale, di conseguenza, è soggetto a interferenze economiche, politiche e militari sia di Parigi che di Washington, che sta accelerando la sua presenza in Niger. Negli Stati Uniti le notizie sulla morte dei quattro berretti verdi si concentrano unicamente sulle nozioni di una “guerra al terrorismo” che ha ormai raggiunto il continente africano. La questione di fondo che il popolo americano non ha sollevato è “perché un afroamericano, il Sergente La David Johnson, di 25 anni, è stato ucciso nella sua terra d’origine mentre svolgeva operazioni militari per il governo degli Stati Uniti?”.

Con la scusa della crescente violenza terroristica la gente degli Stati Uniti viene preparata per un’altra campagna a lungo termine nel continente africano. Gli Usa stanno costruendo basi per i droni nel Paese, e stanno collaborando con la Francia nelle sue operazioni militari. La rivista Economist ha descritto Issoufou come un amico intimo dell’Occidente.

Guardando alla storica presenza francese nell’area, al recente protagonismo tedesco, all’impegno dell’Africom in Libia ed ora in Niger, non era forse evitabile la scelta del governo italiano che rimarrà comunque estromesso dalla partita del Sahel?

di Cristina Amoroso

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