Asia

Myanmar, proteste Karen contro brutalità esercito

Migliaia di manifestanti Karen hanno marciato ieri nel sud-est del Myanmar per chiedere il ritiro dei militari dalla zona e la fine delle violazioni dei diritti. Le proteste hanno avuto inizio dopo che soldati birmani hanno ucciso una donna disarmata dell’etnia Karen. Almeno cinquemila persone vestite con abiti tradizionali e sventolando la bandiera blu, bianca e rossa dei Karen hanno marciato verso la capitale dello Stato Hpa-an.

Il 16 luglio scorso, una donna Karen di 40 anni, Naw Mu Naw, è stata rapinata dei suoi gioielli e subito dopo uccisa da due soldati nella cittadina di Dwe Lo. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal regime del Myanmar i due militari sarebbero stati arrestati. A tal proposito, Phil Robertson, vice direttore di Human Rights Watch, ha chiesto che i due soldati siano consegnati a un tribunale civile, condannando la mancanza di trasparenza nei processi militari.

Il brutale omicidio ha riacceso la rabbia di una etnia che da decenni subisce una violenta repressione da parte del regime birmano. Nelle ultime due settimane, l’omicidio di Naw Mu Naw ha scatenato un’ondata di proteste, ma quella di ieri è stata di gran lunga la più grande.

Myanmar, un regime senza scrupoli

I ribelli della Karen National Union (Knu), che hanno firmato un cessate il fuoco nel 2012 con i militari dopo più di 60 anni di combattimenti, sono uno dei numerosi gruppi che hanno aderito al processo di pace in atto. Tensioni sono divampate nuovamente in uno Stato diviso in due giurisdizioni parallele, una gestita centralmente e una sotto il governo della Knu, che riscuote le tasse e gestisce la polizia, le scuole e l’assistenza sanitaria locali.

I Karen accusano il regime di costruire strade e altre infrastrutture per invadere il loro territorio. Decine di migliaia di rifugiati Karen vivono in condizioni allarmanti nei campi lungo il confine tra Myanmar e Thailandia.

di Redazione

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