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Insicurezza a Gaza: 7mila ordigni inesplosi


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Dall’ultima guerra israeliana contro la Striscia di Gaza (8 luglio – 26 agosto 2014), resta sul campo il 70% di ordigni inesplosi. A Gaza si stima la presenza di 7mila ordigni bellici inesplosi (Explosive remnants of war Erw). Solo il 30% è stato rimosso finora e il dato si traduce in maggiore insicurezza per la popolazione civile, soprattutto tra i più piccoli o tra i contadini. Gli ordigni inesplosi hanno causato la morte di 16 persone, tra cui Simone Camilli, fotoreporter italiano Ap. Novanta sono rimasti feriti, 38 i bambini.

Dall’autunno 2014 Unrwa e Unmas, Agenzia Onu per lo sminamento, portano avanti un programma di informazione sui pericoli e sull’identificazione di Erw rivolto alla popolazione e agli impiegati dell’Agenzia Onu. Circa 8mila insegnanti Unrwa avranno il compito di trasferire queste informazioni in forma educativa a oltre 250mila studenti della Striscia di Gaza. Il piano per la comunicazione è completato dalla bonifica dei siti maggiormente a rischio come il quartiere di Shaja’iyya e altre 214 località.

In quella guerra Israele lanciò oltre 5.085 attacchi aerei, 8.210 missili, 15.736 attacchi da mare e circa 40mila aggressioni da terra. La Resistenza palestinese diresse verso Israele circa 4.584 razzi e sparò 1.676 colpi di mortaio, un alto numero dei quali non riuscì a fuoriuscire dal confine di Gaza. 1.563 civili palestinesi morirono, oltre 11mila furono feriti. Mezzo milione divennero sfollati (più di 1/4 della popolazione). Oltre 22mila abitazioni furono abbattute del tutto o in parte, 17 dei 32 ospedali di Gaza riportarono gravi danni e furono chiusi, 26 scuole andarono distrutte totalmente e oltre cento furono danneggiate. Più di 400 laboratori e aziende chiusero. 

La situazione economica e quella socio-sanitaria sono al collasso e il dato sugli ordigni di guerra rimasti inesplosi aggrava la prospetta di ripresa. La “permanenza” di ordigni inesplosi e munizioni aumenta il rischio di contaminazione, rappresenta una minaccia alla salvaguardia della vita e ostacola quanto si cerca di fare per la ricostruzione del territorio.

di Redazione

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