In Polonia trionfa la destra xenofoba
Domenica si sono tenute le elezioni in Polonia: è stato un trionfo per la destra xenofoba e integralista che potrà formare un Governo indisturbata. La nuova premier è Beata Szydlo, ma è solo una sbiadita comparsa manovrata a piacimento da Jaroslaw Kaczynsky, presidente del partito Diritto e Giustizia (Pis) e gemello di quel Lech Kaczynsky, morto nel 2010 insieme alla gran parte del Governo in un incidente aereo nei cieli russi.
Con un programma integralista, anti Ue, anti immigrati, con forti dosi di protezionismo e strenuamente schierato contro Mosca (e per la Nato), ha incassato il 39,1% delle preferenze che, col sistema polacco, permettono un Governo in solitudine. Agli avversari di Piattaforma Civica, guidati dalla premier uscente Ewa Copacz, è andato il 23,4%: una bruciante sconfessione per le politiche di Donald Tusk, Presidente del Consiglio europeo ed ex leader del partito. A causa del frazionamento in tanti partitini, per la prima volta nel parlamento non ci sarà alcun rappresentante della Sinistra.
Continua così in tutta Europa l’ascesa di movimenti populisti, che si rifanno ad una malintesa “tradizione” che è solo vuoto folklore, a cosiddetti valori che sono solo becere usanze; dietro alla facciata di integralismo religioso, nascondono i propri egoismi e le proprie paure, incapaci di comprendere il mondo.
Privi di contenuti, la via più semplice che hanno per affermarsi è additare i nemici da demonizzare: per Kaczynsky nemico è la Russia, per cui ha una patologica ostilità, e pretende dalla Nato misure ancora più provocatorie; nemici sono i migranti, da lui più volte incolpati di portare malattie (versione moderna degli untori); nemici sono quanti pongono anche minimamente in discussione i dettami d’un clero integralista, basati sulla chiusura e sul rifiuto del nuovo, del diverso.
Un orizzonte misero e miserabile quello adombrato per la Polonia, che tuttavia sposta pesantemente gli equilibri complessivi della Ue, verso un Continente di egoismi e di chiusure. È l’ennesimo fallimento di una Bruxelles posticcia e bugiarda, travolta dal malessere che non ha saputo governare.
Quella che resta è un’Europa fatta di macerie e muri, eretti in nome degli egoismi, dei populismi, dei nazionalismi; le pesti che l’hanno sempre frantumata e l’hanno resa sempre più divisa e ottusamente succube.