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In Libia si sta apparecchiando l’ennesimo capolavoro dell’Occidente

di Salvo Ardizzone

Mentre l’attenzione dell’Occidente è focalizzata sulla Siria, assai più vicino alle coste dell’Europa, nel sostanziale disinteresse generale, si sta apparecchiando una tempesta perfetta.

Dopo l’irresponsabile intervento del 2011, con cui Francia e Inghilterra pensavano di mettere le mani su petrolio e gas estromettendo l’Italia e l’Eni, la Libia è sprofondata in un caos sempre più irreversibile e sanguinoso.

Nel totale vuoto lasciato dal collasso completo delle istituzioni e dalla mancanza di una seria iniziativa internazionale, l’Isis ha trovato l’ambiente più propizio per radicarsi. In crisi in Siria ed Iraq dinanzi all’offensiva sciita sostenuta dai Russi, il “califfo” ha pensato ad una “succursale” da cui riprendere i suoi traffici.

Nell’area di Sirte, sempre più Daesh in fuga giungono dal Medio Oriente, e a centinaia si stanno spostando con le famiglie anche dalla Nigeria, dove la reazione dell’Esercito, unito a quelli vicini, si sta facendo più dura.

A testimoniare l’importanza data alla Libia, a comandare i tre “wilayat” del Paese sono giunti noti comandanti alla cui testa è stato posto Abu Ali al-Anbari, un iracheno ex alto ufficiale di Saddam Hussein, luogotenente di al-Baghdadi ed ex governatore dell’Isil in Siria.

Per ora le bande del “califfo” si sono radicate a Sirte e si stanno rafforzando, ma per dilagare hanno bisogno di un’occasione per far saltare del tutto i precari equilibri fra le vaie milizie ed una massa critica sufficiente.

L’Occidente (e l’Onu) sta alacremente lavorando a fornirle entrambe: i cosiddetti accordi di pace fra i due sedicenti governi di Tripoli e di Tobruk (che al di là dell’ipocrisia delle Nazioni Unite non rappresentano che se stessi) a lungo inseguiti invano da Bernardino Leon e che ora il suo successore Martin Kohler annuncia entro dicembre, saranno il probabile detonatore.

Molte delle milizie islamiche della coalizione di Fajr Lybia ne rimarranno fuori, come pure i tanti gruppi salafiti e quelli vicini ai qaedisti attivi soprattutto in Cirenaica e fin’ora avversari dell’Isis.

Gli accordi che due sedicenti governi autoreferenziali (e che obbediscono a potenze esterne) andranno a concludere non solo non legheranno quei gruppi, ma disintegreranno quanto resta degli attuali schieramenti, gettando tutti gli scontenti in braccio all’Isis, la sigla di gran lunga più prestigiosa e che può garantire armi, denaro, aiuti ed una estesa rete di complicità.

Quando accadrà, e manca assai poco, l’intero inferno del Sahel, una costellazione di Stati falliti o quasi, in balia di gruppi criminali, troverà il suo sbocco naturale nel Mediterraneo, controllato dalle bande del “califfo”.

L’ennesimo capolavoro dell’Occidente.

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