Cronaca

Immigrati sfruttati, due euro l’ora nelle campagne di Gioia Tauro

“Per gli immigrati è finita la pacchia”, urlava l’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, ma a leggere ciò che accade nelle campagne di Gioia Tauro c’è veramente poco da definire pacchia.

Piana di Gioia Tauro, un pezzo di Calabria dove lo Stato non mette piede, uno Stato debole che conosce ma non interviene se non con delle sparate propagandistiche. Immigrati che si trasformano in mano d’opera più che flessibile dal costo irrisorio, uomini divenuti merce che vengono sottoposti a pratiche vessatorie, situazioni abitative indecenti e degradanti per la dignità di un essere umano che si ritrova catapultato in una condizione da lager e in uno stato di emarginazione irreversibile.

I medici che da anni controllano quella zona e prestano soccorso agli ultimi hanno presentato un dossier dal titolo emblematico: “I dannati della terra”, uno spaccato crudo della situazione, uno spaccato che dovrebbe essere conosciuto da tanti, cittadini e politici che aizzano le folle. Anni dopo la cosiddetta “rivolta di Rosarno”, i grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano ancora uno scandalo italiano, rimosso, di fatto, dal dibattito pubblico e dalle istituzioni politiche, le quali sembrano incapaci di qualsiasi iniziativa concreta e di largo respiro. Oggi più che mai, la Piana di Gioia Tauro è il luogo dove l’incontro tra il sistema dell’economia globalizzata, le contraddizioni nella gestione del fenomeno migratorio nel nostro Paese e i nodi irrisolti della questione meridionale produce i suoi frutti più nefasti.

Immigrati: cui Prodest?

“Per 10, 12 ore al giorno sotto il sole che brucia prendono al massimo 27 euro, nessuno ha un contratto. Meno di due euro all’ora, un massimo di 3”, si legge nel report.

La gran parte dei braccianti continua a concentrarsi nella zona industriale di San Ferdinando, a pochi passi da Rosarno, in particolare nella tendopoli (che accoglie almeno il 60% dei lavoratori migranti stagionali della zona), in un capannone adiacente e nella vecchia fabbrica a poche centinaia di metri di distanza. L’età è molto bassa, si tratta di giovani dall’età media di 29 anni per lo più provenienti dall’Africa Sub-Sahariana. Non mancano le donne che vengono portate in Italia per essere introdotte nel mondo della prostituzione. Non conoscono la lingua italiana a dimostrazione dello scarso e carente sistema d’accoglienza. Tre su dieci posseggono un contratto e l’accesso alla disoccupazione edilizia è precluso.

Dal punto di vista sanitario la situazione è al limite, tale da incrementare i rischi di malattie viste le precarie condizioni di vita e di lavoro. Tra le patologie maggiormente riscontrate vi sono quelle dell’apparato respiratorio e quelle dell’apparato digerente riconducibili allo stato di indigenza sociale ed abitativa. In tanti portano addosso i segni delle torture subiti nei centri di detenzioni libici, veri e propri lager.

di Sebastiano Lo Monaco

Mostra altro

Articoli correlati

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio

IlFaroSulMondo.it usa i cookies, anche di terze parti. Ti invitiamo a dare il consenso così da proseguire al meglio con una navigazione ottimizzata. maggiori informazioni

Le attuali impostazioni permettono l'utilizzo dei cookies al fine di fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Se continui ad utilizzare questo sito web senza cambiare le tue impostazioni dei cookies o cliccando "OK, accetto" nel banner in basso ne acconsenterai l'utilizzo.

Chiudi