Primo Piano

Il processo Ruby e le “scomode” amicizie del Cavaliere

di Mauro Indelicato

Che nelle mire del Cavaliere ci fosse un settennato, era da tempo un dato assodato; di certo però, non si sarebbe mai immaginato l’ex premier, Silvio Berlusconi, di avvicinarsi sempre più in un settennato in carcere e non al Quirinale.

Ma quello che più salta all’occhio della giornata nella quale è arrivata la sentenza sul caso Ruby, è lo squallore offerto da gran parte della provincialotta opinione pubblica italiana; con un Paese oramai sfaldato, colonizzato da grandi gruppi di potere, nel quale basta una firma per costruire o far allargare sul proprio territorio basi militari Usa, in cui la disoccupazione giovanile è ai livelli del 1977, l’italietta si è divisa tra chi ha stappato champagne alla notizia della condanna e chi invece ha minacciato conseguenze drastiche.

Questo Paese sembra davvero schiacciato su se stesso, incapace di capire ed ascoltare i lamenti più profondi che arrivano da una società che chiede maggior giustizia sociale e rispetto della propria dignità; invece, dai telegiornali all’ultimo dei peggiori bar della penisola, si è parlato solo ed esclusivamente di Berlusconi.

C’era gente davvero sbizzarrita su Facebook, con un’enfasi, sia tra i sostenitori che tra i presunti nemici, che soltanto in occasione della finale dei mondiali di calcio è possibile rintracciare in questo sempre più grottesco e ridicolo Paese.

Come fa l’opinione pubblica, in uno Stato che ha nella sua poco gloriosa storia repubblicana episodi di omicidi politici, di inquietanti misteri non svelati e di colpi di Stato tentati, fermarsi ancora sulla superficie e non cercare invece di approfondire maggiormente la sostanze delle cose?

Analizzando per bene la vicenda, fermo restando le gravi responsabilità etiche e politiche di Silvio Berlusconi, sembra che qualcuno inseguisse questo momento da tanto tempo; ciò che insospettisce insomma, è che le condanne che solo da 2 anni l’ex premier, dopo decine di processi, riesce a beccare suo malgrado, arrivano nel momento in cui anche a livello politico il fondatore di Mediaset è stato letteralmente fatto fuori.

Troppe le circostanze per arrivare a credere che ciò che sta accadendo sia solo il frutto del corso della Magistratura, corso tra l’altro da sempre lento in Italia: nel 2011, Berlusconi viene sollevato dall’incarico con un vero e proprio colpo di Stato finanziario, per far installare un governo guidato dall’italiano più influente dentro il gruppo Bilderberg; nel 2012, arriva la prima condanna a 4 anni per il processo sui diritti tv; ieri la sentenza di cui si parla sopra. Una serie di circostanze quindi, che portano a pensare a qualcosa che vada ben oltre una ragazzina marocchina coinvolta il losche serate ad Arcore.

Ed in effetti, pur facendo parte di un sistema collaudato nato, guarda caso, dopo la presunta trattativa stato–mafia, i governi Berlusconi, specialmente il quarto, quello che va dal 2008 al 2011, non si sono contraddistinti per un’ossequiosa benevolenza ai dettami di Bruxelles e di Francoforte.

Specialmente in politica estera, l’ultimo governo Berlusconi era fedele alleato di Vladimir Putin, leader di quella Russia autentico spauracchio per l’Europa delle banche, capace di creare più di un ostacolo all’egemonia dei poteri finanziari para–occulti sul vecchio continente, ed oggi sotto attacco tanto da un punto di vista mediatico, quanto politico–strategico, come denota la vicenda della guerra siriana, dove Assad era ed è tuttora fedele alleato di Mosca.
Magistrati compiacenti alle mire espansionistiche dell’Unione Monetaria Europea? Non sarebbe certo la prima volta; guarda caso, la classe politica italiana della cosiddetta “prima Repubblica”, è stata fatta collassare grazie alle inchieste su Mani Pulite nel 1992, nell’anno in cui, sempre guarda caso, ci si preparava a Machstreet; sempre casualmente, il collasso di quella classe dirigente, ha portato la formazione di governi guidati da uomini che hanno agevolato successivamente l’ingresso dell’Italia nell’Euro, ossia Giuliano Amato e Carlo Azelio Ciampi, con quest’ultimo che ha gestito in seguito il Ministero dell’Economia nel momento dell’adesione italiana alla moneta unica ed è stato eletto, senza tuttavia essere mai divenuto parlamentare, presidente della Repubblica alla prima votazione nel 1999 e dal Quirinale gestì poi l’entrata legale dell’Euro in Italia nel 2002.

Dunque, che da Bruxelles e dalle riunioni del Bilderberg ci sia grande interesse nel far fuori l’unico politico che non soddisfa a pieno i piani delle potenti lobby internazionali, è un dato di fatto; Berlusconi, pur rappresentando l’emblema di un modo di far politica decisamente sbagliato, pur essendo un uomo che, da imprenditore prima e da politico poi, nasconde più di uno scheletro nell’armadio, pur avendo inaugurato una stagione politica deleteria per il nostro Paese, rappresenta comunque una figura carismatica e per questo poco controllabile e quindi non consona a determinati interessi.

Allora, è bene che l’Italia rifletta prima di festeggiare, da un lato, o di gridare vendetta, dall’altro; è bene che l’opinione pubblica si distacchi un po’ dalla faziosità, peraltro finta nelle aule parlamentari visto che Pd e Pdl da vent’anni vanno a braccetto tra appalti e nomine dirigenziali, e con uno sprazzo di lucidità capisca cosa ci possa essere dietro ad una condanna di un ex presidente del consiglio. O, meglio ancora, dia alla condanna inflitta a Berlusconi il giusto peso, interrogandosi su cosa è stata la politica post bellica, su quali uomini ha portato avanti e cosa adesso bisogna fare per emanciparsi dai poteri internazionali che hanno ridotto la penisola ad un nuovo Paese del terzo mondo.

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