Attualità

Il piccolo schermo incontra il grande cinema

di Redazione

Qualcosa è cambiato. Forse non solo le dimensioni. Ma il ‘piccolo schermo’ non esiste più. Ora è un gigantesco apparecchio appeso a intere pareti. Plasma. Lcd. C’era una volta, non tanto tempo fa, un’agile piccola tv piena di idee e entusiasmo. Che aveva il sogno di fare blitz quotidiani, incursioni in diretta nelle domeniche pomeriggio degli italiani. Quelle in cui non si cambiava canale, ma si metteva il primo, con Pippo Baudo e ‘Domenica In’, o il secondo. E si lasciavano in sottofondo per ore. Quei pomeriggi dati per scontati, si stavano deteriorando. Le registrazioni lasciate a loro stesse senza essere archiviate, stavano per scomparire. E con loro momenti di storia. Come quando la piccola tv incontrò il grande cinema.
“Ho proposto che fossero salvate e rimesse in onda. Per la Rai, in quanto servizio pubblico, sapevamo di dover dare qualcosa agli spettatori, volevamo mostrare le cose, fargliele capire, situazioni e argomenti che non avrebbero mai visto se non tramite le nostre telecamere”, ha raccontato Gianni Minà, conduttore e autore di ‘Blitz’, la trasmissione che dal 1981 all’84 andò in onda su RaiDue. Novanta puntate che duravano 4 ore, a volte anche 6. Ognuna aveva un tema. Poteva essere la storia di Gasmann, la Nazionale di calcio, la poesia, la danza e il balletto. O Cinecittà.
C’era una volta in America. Questo accadde in uno dei blitz. Il piccolo schermo bussò alla città del cinema e chiese permesso. La fecero entrare. Minà riusciva a infilarsi ovunque, conosceva tutti perché aveva voluto conoscerli, e raccontarli. Gli aprirono le porte e lui entrò negli studi. Non studi qualsiasi. Entrò al numero 4 prima e al 15 dopo.
Lo studio 4 era una stanza perfetta, arredata con vasi, lampadari, quadri e tappeti. “Bobby!”. La voce di Sergio Leone. Robert De Niro apre la porta, ha il volto truccato di un sessantenne. Due anni prima ha vinto l’Oscar per ‘Toro scatenato’, è giovane, ed il più famoso. Dice qualcosa mentre in sottofondo si sente la musica di Morricone. Minà e la troupe riprendono tutto. E registrano da una diversa angolazione l’ultima scena di ‘Once Upon a Time in America’.
Video
Quando il giornalista decise di fare una puntata su Cinecittà per il suo “Blitz”, negli anni Ottanta in diretta su RaiDue la domenica pomeriggio, andò sul set di Sergio Leone che girava l’ultima scena del film del 1984. Quel momento passò alla storia e fu ripreso dalle telecamere del piccolo schermo. Due anni prima De Niro aveva vinto l’Oscar per “Toro scatenato”, era giovane e famoso. Ogni lunedì alle 23.50, RaiDue manda in onda le vecchie puntate della trasmissione. Questo è un estratto della settima, in onda il 2 settembre
Raccontare quel giorno lo emoziona senza nostalgia. Minà ha uno sguardo privo di malinconia e pronuncia la ‘esse’ nello stesso modo familiare a intere generazioni che lo hanno lasciato passare dallo schermo. A parlare di sport o di Fidel Castro, di Cassius Clay o dei Beatles. “Volevo fare una puntata sul grande cinema ed ebbi la fortuna di andare a Cinecittà il giorno in cui da una parte c’era De Niro con Leone, e dall’altra, allo studio 15, Federico Fellini che girava ‘E la nave va’. Per gli studi camminava Ennio Morricone perché Leone voleva che si girasse con il sottofondo musicale. C’era Giulietta Masina che la domenica passava più tempo con il marito, e Carlo Verdone, che aveva girato il suo primo film ‘Un sacco bello’ sotto i consigli e la produzione di Leone”.
Quel giorno è possibile riviverlo dal divano, ma di notte: lunedì 2 settembre, alle 23.50, su RaiTre. Che dal 1983 ora ha un altro logo ma in quelle puntate la scritta ‘Rai’, in stampatello e a lettere ben definite, si appoggiava senza farfalleggiare in basso, sul lato destro di schermi bombati.
Gli occhi non invecchiano. Forse la pelle intorno, ma lo sguardo non viene intaccato. Quello di Minà non è cambiato. E quando racconta le sue incursioni s’illumina di nuovo. Si accende come faceva la televisione quando era piccola. Un pulsante, un rumore, un bagliore centrale improvviso che si allarga e si mette a fuoco. E’ entusiasta mentre spiega così come lo era quando entrava nelle case dei telespettatori. Quel giorno in diretta, chi restò sul secondo canale vide la fine di ‘C’era una volta in America’. Grazie a un Minà arrampicato un po’ dietro. Un momento di storia del cinema registrata dalla televisione. La strana coppia.
Ogni puntata aveva una scaletta “ma poi improvvisavamo. Seguivamo gli umori, l’entusiasmo” ha spiegato Minà. “Per ‘Blitz’ non avevamo soldi. Il budget ricco era di Pippo Baudo, non nostro. Noi gli davamo filo da torcere però. Lui era la Democrazia Cristiana, noi i laici”. I pirati. Guardarlo intervistare i grandi che conosceva è un piacere che condividere resta doveroso. Piccolo, in mezzo a Leone e De Niro incalza con le domande che tutti vorrebbero fare. Senza pantomime, senza spot e fuori dagli schemi. “Bobby racconta di come Leone ti ha convinto a fare questo film”. E lui, in italiano quasi perfetto, “me l’ha raccontato per otto ore di seguito”. Minà spiega. E’ ancora entusiasta. Vuole che arrivi. Non cerca pubblicità, ma spazio.
Sarebbe uno spazio importante. “Sì sì, De Niro parlava bene italiano solo che non gli andava di farlo sapere”. Nella puntata di ‘Blitz’, la settima in onda sulle dieci totali (ne mancano ancora tre, due su Monica Vitti, una con Benigni e Troisi), Minà si siede con tutti su un divano. E’ nella stessa stanza della scenografia. C’è un piano. Edda Dell’orso accompagnata dal marito canta la musica di ‘C’era una volta il West’ di Morricone che è seduto sul bracciolo. Leone ha un golfino blu consumato e occhiali con la montatura quadrata. Racconta aneddoti su Clint Eastwood. Verdone, giovanissimo, scherza: “Digli delle due espressioni che faceva, quella col cappello e quella senza…”. E Leone: “Sì però ci sono attori che ne hanno inutilmente dieci, lui ne aveva due d’accordo, ma erano perfette”.
Federico Fellini è nello studio 15. Lo aspetta seduto. Minà e il regista sono seduti vicini, guardati a vista dalla Masina. Le sedie sono per il poco pubblico, adetti ai lavori per lo più. Fellini è a suo agio, in forma. Parla velocissimo, con la sua voce alta, e scherza. Il giornalista è felice e incalza con le domande. Sa dove può spingersi. Parlano di ‘E la nave va’ che Fellini sta girando quel giorno. “E’ vero che spendi troppo per i tuoi film?”. “E’ vero che ti arrabbi mentre dirigi?”. Una conversazione che si trasforma in una lezione di regia meravigliosa. Fellini. Segreti, visioni, punti di vista.
“Il regista è la voce, è il condottiero, quello che dirige. Lo sguardo ma anche il capo della polizia, il capo del governo. Deve cercare dentro di sè un punto focale sul quale convergono come radiazioni tutte le altre persone. E deve convincerle di avere ragione”, spiega.
“Il cinema verità non mi interessa, io sono per il cinema bugia”, continua, poi racconta come sceglie i volti del ‘suo’ cinema. “I napoletani hanno i visi perfetti per un attore. Sono i più adatti perché hanno il distacco, sanno prendersi la possibilità di vedersi vivere. La faccia dei napoletani è il cinema, sono un condensato di espressioni. Io poi non racconto storie psicologiche, il mio è un teatro di maschere”. E poi? “E poi mi sono simpatici”.
Giulietta Masina lo guarda come sa fare. Attenta. Sorpresa. “Federico non va mai in tv”, dice dopo. Ma Fellini è a casa, non è andato in tv, è stato Minà a portare da lui il piccolo schermo. Che allora era agile e ancora capace di entrare a casa degli italiani, la domenica pomeriggio, portando regali e pastarelle.
di Katia Riccardi

http://www.repubblica.it/spettacoli/2013/08/31/news/mina_blitz_fellini-65511926/

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