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Il mondo ha sempre più fame

di Zenab Muhammad

Sono circa 200 milioni le persone nel mondo senza un lavoro. Secondo l’Employment Trends dell’Organizzazione internazionale del lavoro del 2013, il numero dei “poveri”  è in aumento, e potrebbe raggiungere i 210 milioni entro il 2017. Secondo Confcommercio, invece, il numero di persone “assolutamente povere”, in Italia, aumenterà a 4 milioni.

Cresce costantemente il numero di persone che chiedono cibo ai centri e servizi Caritas, da ciò si può comprendere come la crisi stia colpendo sempre di più le famiglie italiane, spingendo anche gli immigrati ad andarsene altrove per vivere. Circa il 57% delle famiglie residenti in Italia ha un reddito netto inferiore a quello medio annuo (29.786 euro, circa 2.482 euro al mese). Una su venti è invece in condizioni di povertà assoluta.

La crisi ha fatto peggiorare il tasso di disoccupazione (sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 nella classe 20-64 anni) e quello di mancata partecipazione al lavoro (aumentato dal 15,6% al 17,9%), già tra i più critici in Europa.

Molti stranieri hanno mostrato il loro desiderio di voler ritornare in patria, poiché la crisi ha condizionato fortemente la possibilità di inserimento lavorativo, disilludendoli sulla possibilità di superare i loro problemi nel nostro Paese.

L’Italia è inoltre il Paese europeo, dopo la Spagna, con la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l’unico dove un’intera macroregione – il Sud – assicura bassissime opportunità di occupazione regolare. I giovani sono maggiormente colpiti da questa crisi, mettendoli in condizione di partire e andare all’estero per cercare lavoro.

Il problema dell’Italia, è la produttività. Ogni lavoratore, in media, produce circa 36 euro per ogni ora lavorata, a differenza dei tedeschi che producono il 25% in più, e i francesi il 40%. Negli ultimi 10 anni la quota di mercato dell’export italiano sul totale mondiale è diminuita dal 3,9% del 2002 al 2,9% del 2011, seguendo una tendenza comune alle economie avanzate, ma in Europa il nostro contributo all’export verso le altre aree rimane tra i maggiori, con il 10,6% delle merci andate complessivamente fuori dal Vecchio continente.

“Il 50% delle imprese esportatrici – ha osservato il presidente dell’Istat Enrico Giovannini – ha aumentato l’export rispetto ai livelli pre-crisi, questo vuol dire che non tutta l’imprenditoria è in crisi”. Quanto ai conti pubblici, l’Italia si colloca al terzo posto, dopo la Germania e l’Estonia, tra i Paesi dell’Eurozona per saldo primario, e all’ottavo posto per l’indebitamento netto.

E mentre centinaia di miliardi di dollari vengono investiti per sovvenzionare sporche guerre, c’è un mondo che ha sempre più fame.

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