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Il grande bluff della primavera araba

di Mauro Indelicato

A distanza di diversi anni dall’inizio della cosiddetta “primavera araba” ed alla luce delle nuove ed attuali evoluzioni, è possibile cominciare a tracciare un profilo storico di quanto sta accadendo nel mondo arabo dal 2010 ad oggi. Come si ricorderà, i primi focolai di rivolta si ebbero nell’ottobre 2010 in Algeria, tuttavia però la miccia vera e propria, che incendiò il Maghreb, si ebbe dopo un mese in Tunisia. Ma andiamo per un attimo a vedere come è partita questa rivolta: la crisi speculativa finanziaria che dal 2007 tempesta con la sua immondizia il mondo, aveva provocato, tra le altre cose, l’aumento  dei prezzi dei generi di prima necessità, farina in primis. Se in occidente questo non ha lasciato particolari strascichi, in paesi, come quelli nel nord Africa, in cui la povertà era più diffusa, tutto ciò ha iniziato a creare malumori: già nel 2008 in Egitto si erano verificate numerose proteste per via dell’aumento dei prezzi e dell’avanzare della povertà.

Gli animi si sono poi accesi quando sul finire del 2010, in Algeria ed in Tunisia si è avuto un ulteriore aumento dei prezzi dei generi di prima necessità e da lì è nato tutto quello che in queste ore tiene in ansia il mondo; ma a questo punto, bisogna porsi una domanda: è possibile, visto che l’aumento dei prezzi è direttamente collegabile con la crisi finanziaria, che ci sia stata una “manita” esterna che abbia volutamente fatto scoppiare le rivolte? Del resto, era prevedibile che infiammando il Maghreb si sarebbero accese tante micce che avrebbero creato disordine lì dove l’ordine dava fastidio. Un vento, quello della cosiddetta primavera araba, che ha rimescolato le carte del medio oriente, che ha rimesso tutto in discussione e che, soprattutto, sta estremizzando le divisioni interne ai paesi interessati e ciò non può che giovare a chi ha interesse ad applicare la più classica delle regole imperialiste, il “dividi et impera”.

Vero è che inizialmente le rivolte arabe hanno abbattuto due regimi notoriamente corrotti ed allineati all’Occidente, come quelli di Ben Alì e Mubarak, ma questo vento di ribellione nell’altra sponda del Mediterraneo, ha fatto sì che si potessero attuare diverse strategie che stanno minando la sovranità e la stabilità della regione; in Libia, la primavera araba è servita per far risvegliare quegli estremisti islamici da sempre contro Gheddafi, successivamente armati dall’Occidente e poi anche aiutati militarmente con l’aggressione militare del marzo del 2011, attuata in base a crimini di ogni genere attribuiti agli uomini della Jammarija, poi rivelatisi infondati. Spesso si trattava di mercenari o gruppi vicini a tribù nemiche storiche del regime o semplicemente pagate per cambiare casacca, che nell’ottobre del 2011 hanno ucciso Gheddafi ed oggi la Libia è di fatto un paese non governato, senza controllo, dalla quale partono centinaia di immigrati verso l’Europa e da dove transitano tutte le armi dirette verso l’Egitto.

In Egitto forse, è proprio la vicinanza con un paese quasi crollato che sta provocando l’attuale instabilità; quel che più preoccupa, oltre alla divisione tra pro Morsi e gente vicina l’esercito, è la perdita della convivenza armonica e pacifica tra le varie etnie e confessioni: Chiese bruciate, esecuzioni di gente ritenuta infedele, carneficine nelle piazze, sono scene che all’ombra delle Piramidi non si erano mai viste e ciò sta minando l’essenza stessa dell’unità nazionale egiziana che, lo ricordiamo, è il paese punto di riferimento culturale del mondo arabo ed uno scontro tutto interno provocherebbe strascichi facilmente e tragicamente prevedibili in tutto il medio oriente. Inoltre, i militari, una volta preso il potere, hanno proceduto a chiudere il valico di Rafah, costringendo i palestinesi della Striscia di Gaza a vivere di fatto carcerati dentro il loro lembo di terra e ciò potrebbe provocare altre ripercussioni sociali non indifferenti.

Dall’Egitto alla Siria; mentre in Libia abbattevano le statue di Gheddafi, in Siria fantomatici “ribelli liberatori” prendevano a sassate le effigie di Assad. In Occidente, si iniziava ad esaltare il ruolo di mercenari, spesso non siriani, pagati ed armati da Usa, Arabia Saudita e Qatar, mentre dall’altro lato si discriminava la figura del presidente siriano. Dunque anche qui, con la “scusa” della cosiddetta primavera araba, nemici storici di uno stato ostile ad Israele e non allineato all’Occidente, hanno creato una profonda divisione interna al paese, facendolo scivolare in una cruenta e sanguinosa guerra civile, che però non sta scalfendo l’animo fiero del popolo siriano, mai sofferente come in questo momento nel corso della sua millenaria storia. Il mondo arabo, tra i suoi pro ed i suoi contro, rappresenta comunque una delle poche resistenze al progetto del nuovo ordine mondiale, si oppone con fierezza al progetto perverso del mondialismo ed anche con le fionde va a difendere la propria libertà; l’unico modo per piegarlo, era dividerlo e distruggere i fondamenti nazionali di paesi come Libia, Siria, Egitto e tanti altri.

Se è stata provocata o meno, di sicuro questa maledetta primavera araba è stata strumentalizzata; i popoli arabi, specialmente nei primi mesi, credevano realmente di poter fare un salto nuovo in un sistema nuovo, ma si rendono conto adesso di rischiare di fare un pericoloso salto nel buio, che rischia di sgretolarlo. Ecco perché la guerra in Siria oggi, acquista un valore storico: evitare che Assad cada, vuol significare il primo grande ostacolo al progetto di distruzione del sentimento di appartenenza arabo, evitando l’errore fatto nel marzo del 2011, quando anche altri paesi del medio oriente appoggiarono la guerra in Libia. I tempi sono maturi per capire, anche in Occidente, che la primavera araba è in realtà un teatrino che rischia di portare il mondo arabo in un inferno mai visto prima.

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