Il caso Fayadh: commutata la condanna a morte del poeta palestinese
La storia di Ashraf Fayadh ci accompagna da qualche mese, soprattutto da quando la sua condanna precipitò bruscamente sulla pena di morte nel novembre scorso. Siamo ormai affezionati a questo poeta sfortunato, caduto vittima di un sistema giudiziario poco limpido e offuscato dal fondamentalismo. In questo articolo del mese scorso trovate un breve approfondimento sul suo processo.
Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’avvocato Abdulrahman al-Lahem, la corte saudita ha nuovamente commutato la sua pena, condannandolo a otto anni di carcere e 800 frustate, da eseguire 50 alla volta in 16 sessioni settimanali. Affinché ciò avvenga, il poeta dovrà inoltre dovrà annunciare pubblicamente – attraverso i mezzi di comunicazioni ufficiali – la rinuncia totale alla sua arte e dovrà implorare il perdono.
Questa nuova decisione è avvenuta a seguito di una esplicita richiesta dell’avvocato di Ashraf dato che, come ricorderete, il verdetto di novembre che annunciava la pena di morte fu pronunciato in un contesto privo di difesa legale. Nonostante la revoca della pena capitale, il gruppo di giudici ha riconfermato il reato di apostasia. Lahem ha accolto la nuova condanna ribadendo l’innocenza del suo cliente, annunciando inoltre che avrebbe lanciato un nuovo appello per chiedere la cauzione.
Rivedendo tutti i documenti presi in considerazione durante l’intero processo, l’avvocato ha espresso la sua perplessità sul primo arresto del suo cliente, avvenuto in agosto 2013, considerandolo illegittimo in quanto non ordinato dal pubblico ministero dello Stato. Per di più, la denuncia di apostasia effettuata nei confronti di Fayadh non è stata corroborata da elementi di prova, condizioni non accettabili nemmeno dalle leggi della sharia.