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Buddismo talebano in Myanmar

Per gli occidentali il buddismo, oltre ad essere  sinonimo di pace, saggezza, fratellanza, ha fama di religione perseguitata e il Tibet ne è l’emblema. Tuttavia, ascoltando i rapporti sulla Chiesa perseguitata da fonti cattoliche e protestanti, si ha una visione meno idilliaca di questa religione che pare eserciti tanto fascino su un numero crescente di persone in Europa e in Nord America, che non solo abbracciano la religione buddista ufficiale, ma sempre più numerosi infittiscono le fila anche del buddismo non riconosciuto dal Dalai Lama. È il caso del Sokka Gakkai, vera e propria setta, che solo in Italia ha ormai raggiunto tanti proseliti da aprire ben venti sedi nazionali sparse per tutto il Paese.

In Asia i buddisti rappresentano la maggioranza in otto Stati, dove collaborano con il potere a reprimere le altre religioni e la repressione colpisce tutte le religioni che non siano buddismo: Buthan, Cambogia, Laos, Mongolia, Myanmar, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam.

Il caso più clamoroso è forse quello delle stragi della minoranza islamica recentemente riacutizzate in Myanmar (ex Birmania) dove il potere buddista, diventando teocrazia intollerante e fanatica, è il segno tangibile di come anche la non violenza possa diventare genocidio sanguinario.

Buddismo e intolleranza

Sayadaw (“maestro venerabile”) Wirathu è un monaco buddista con una lunga scia di episodi d’intolleranza alle spalle. Il suo nome è da dieci anni dietro le maggiori manifestazioni d’islamofobia nel Paese. Tutte culminano, quasi irrimediabilmente, in sanguinosi attacchi come quello a Mandalay nel 2003 o a Meikthila, appunto, qualche tempo fa. Alla base di questi episodi, c’è la questione del Rakhine, una regione costiera popolata da quasi 800mila musulmani.

“Controllano l’economia e mirano a cancellare il buddismo e la cultura birmana in pochi anni”, dice il monaco nella tradizionale veste arancione. E lo dice guardando alle imprese di costruzione finanziate da fondi arabi che sorgono oramai un po’ dappertutto nella vecchia capitale Rangoon, ma anche e soprattutto a ovest, dove nel Rakhine vive quella che è conosciuta come “la minoranza più oppressa del mondo”, i Rohingya.

Il dramma dei Rohingya

Di origine indoariana, i Rohingya sono una popolazione poverissima proveniente dal vicino Bangladesh, del quale conservano in parte i costumi, ma anche e soprattutto il credo religioso islamico. La giunta militare da mezzo secolo in Birmania ha cercato di sradicare questo popolo dalla sua terra, riuscendo a decimarlo senza tuttavia eliminarlo del tutto.

Su di un altro scenario, nello Sri Lanka i gruppi di monaci buddisti integralisti, estremisti e violenti preoccupano seriamente la società civile e le minoranze religiose. È l’allarme inviato all’Agenzia Fides da S. Ecc. Mons. Raymond Wickramasinghe, Vescovo di Galle, nel sud dello Sri Lanka, che esprime i suoi timori per quanto accade nel Paese: è il fenomeno dei cosiddetti “buddisti talebani” – come sono stati definiti dalla stampa – che hanno avviato una ondata di violenza contro le minoranze religiose musulmane e cristiane. Il gruppo segnalato per atti di intolleranza è il “Bodu Bala Sana” (BBS, “Forza di potere buddista”), ma non è l’unico movimento del genere.

Negli ultimi anni gli atti violenti si sono moltiplicati. Vien da chiederci come si spiegano delle deviazioni così radicali in una dottrina che proibisce categoricamente di togliere la vita? Come si sono giustificati quelli che hanno violato il caposaldo della dottrina buddista?

Il problema dell’umanità è legato alla gestione del potere e alla corruzione

Senza entrare nella spiritualità buddista e nelle sue metodologie di perversione,  il problema centrale dell’umanità è legato alla gestione del potere e alla corruzione che questa porta con sé. Quando il buddhismo ha incontrato il potere, si è corrotto, come ogni altro nobile messaggio di riscatto.

Nel buddhismo, come in tutte le altre discipline filosofico-religiose, si è infiltrata l’idea della costante lotta tra luce ed oscurità, creatività e distruttività, spiritualità e materialità, egoismo ed altruismo, nonviolenza e violenza, ecc. che, invece di perseguire l’equilibrio tra gli opposti, deve risultare nel trionfo definitivo di una parte sull’altra: questa è la radice principale della corruzione morale. Da essa è derivato ogni genere di possibile ipocrisia e manipolazione logica e morale che ha vessato il buddhismo, fino a farlo diventare uno strumento di violenza di massa in Giappone nei tempi passati, nel Sud-est asiatico, nello Sri Lanka e nel Myanmar, in tempi recenti.

di Cristina Amoroso

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