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Nazioni Unite: armi dalla Libia ai terroristi in Siria

di Giovanni Sorbello

Si allarga sempre di più il coinvolgimento di diversi Paesi nel trasferimento di armi ai “ribelli” in Siria. Un rapporto stilato dalle Nazioni Unite ha sottolineato che la Libia è diventata una fonte primaria nel trasferimento di armi ai gruppi terroristici in Siria.

Il rapporto, redatto da un gruppo di esperti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che monitora l’embargo sulle armi imposto alla Libia nel 2011, ha evidenziato che le spedizioni di grossi quantitativi di armi e munizioni sono state organizzate in varie località della Libia, tra cui Misurata e Bengasi, per poi essere trasferite in Siria attraverso la Turchia e il nord del Libano.

Il rapporto afferma che le imponenti dimensioni di alcune spedizioni, fanno pensare anche ad un coinvolgimento diretto o indiretto dei rappresentanti delle autorità locali libiche.

Il rapporto ha aggiunto che dalla Libia vengono organizzati continui trasferimenti di armi per alimentare le guerre in Siria, nel Mali e in altri Paesi, oltre che a fornire armamenti a bande criminali e gruppi terroristici nella regione.

La continua fornitura di armi ai gruppi terroristici in Siria serve soprattutto ad ostacolare una soluzione politica della crisi, basata sul dialogo. In tal senso, vale la pena segnalare le rivelazioni del senatore americano Rand Paul, che ha ammesso lo scorso febbraio di una supervisione americana sull’invio di un grosso quantitativo di armi dalla Libia alla Siria.

Altre fonti ben informate hanno sottolineato che anche la capitale croata Zagabria, si è trasformata in un centro nevralgico per il trasferimento di armi e munizioni ai gruppi terroristici in Siria.

Il “sodalizio” internazionale del terrore ha acquisito una tale esperienza ed organizzazione, da riuscire a spostare armi e “ribelli” da un teatro all’altro di guerra con una facilità strabiliante, senza che nessun Ente internazionale si preoccupi di indagare e condannare tali crimini.

Ormai non ci resta altro che poter immaginare il prossimo “teatro” in cui vedremo le stesse armi, gli stessi uomini e gli stessi registi, pronti a destabilizzare e devastare il Paese “nemico” di turno.

 

 

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