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Hamas, lo Stato Islamico e la sfida Gaza-Sinai

SinaiTraduzione a cura di Irene Masala

A causa della propria difficile situazione economica fa guardare Hamas ai jihadisti presenti nel Sinai, nonostante il gruppo palestinese cerchi di contenere le cellule jihadiste a Gaza. L’ascesa dello Stato Islamico (Isis) in Siria e in Iraq complica ulteriormente le relazioni apparentemente contraddittorie tra Hamas e altri gruppi salafiti-jihadisti nella Striscia di Gaza e nella penisola del Sinai.

Mentre il rapporto storicamente teso e spesso apertamente antagonista tra Hamas e i gruppi salafiti-jihadisti di Gaza è ben noto, diversi articoli israeliani pubblicati il mese scorso hanno sostenuto che Hamas starebbe lavorando con le fazioni legate allo Stato Islamico nel Sinai per portare armi a Gaza e sferrare attacchi contro le forze di sicurezza egiziane. Si tratta di report parziali dal momento che la situazione andrebbe contestualizzata tenendo in considerazione le realtà politiche ed economiche nella Striscia di Gaza.

Dopo che Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza nel 2007, il territorio ha dovuto affrontare l’isolamento internazionale e le dure restrizioni sulla circolazione di merci e persone. Il rapporto di Gaza con i vicini egiziani del Sinai si è intensificato poiché unico accesso al mondo esterno. L’ufficiosa economia dei tunnel è diventata fondamentale per mantenere in vita l’intera Striscia di Gaza  e tutto il sistema produttivo come per generare “tasse” per il governo di Hamas e per garantire armi e denaro alla sua ala militare, le Brigate Al-Qassam.

I tunnel hanno poi creato estese relazioni economiche lungo il confine Sinai-Gaza. Con l’impoverimento dell’Egitto, il governatorato del Sinai è diventato un’attrazione per commercianti di ogni settore; dai beni di consumo alle forniture mediche, dai materiali da costruzione al carburante. Nel frattempo, beduini contrabbandieri e trafficanti di armi hanno iniziato a inviare armi sempre più sofisticate ad Hamas i cui leader militanti svolgono un ruolo chiave nel Sinai, qualunque sia l’ideologia che dichiarano di sostenere e hanno un interesse finanziario nel perpetuare questa economia clandestina.

L’Egitto ha condotto un ampio giro di vite contro l’informale economia tra Gaza-Sinai e il sistema dei tunnel in seguito all’attacco sul confine dell’agosto 2012 ma soprattutto dopo la cacciata del presidente Muhammad Morsi. Inoltre, la decisione di sigillare il confine Gaza-Sinai ha prodotto ulteriore pressione sulla situazione umanitaria di Gaza e sul governo di Hamas. Recenti sondaggi dell’opinione pubblica mostrano che il livello complessivo di soddisfazione per le condizioni di vita nella Striscia di Gaza si aggira intorno al 15%. L’aumento delle proteste pubbliche e degli scioperi riflette un crescente senso di frustrazione per la situazione economica, per la crisi energetica e per le tasse in continuo aumento come chiesto da Hamas, oltre all’irrisolta crisi degli stipendi dei dipendenti pubblici di Gaza.

Il rapporto di Hamas con i sostenitori del sedicente Stato islamico a Gaza e con l’amorfo, piccolo e poco sofisticato campo salafita-jihadista in generale, è influenzato anche dalla precaria situazione del gruppo a Gaza. Per questo motivo Hamas pone molta attenzione all’intera faccenda. Tra il crescente malcontento interno, la fragile situazione economica, il sostegno per un’Intifada armata e con il 10% dei residenti di Gaza che, a quanto si scrive, crederebbero nello Stato islamico in quanto “autentico rappresentante dell’Islam,” Hamas potrebbe avere interesse nel mantenere il cessate il fuoco con Israele. Per questo Hamas è impegnato ad alzare il livello di sorveglianza su individui e su cellule che lo sfidano apertamente. Hamas è particolarmente preoccupato per le potenziali defezioni dal braccio armato del gruppo o dal settore della sicurezza di Gaza in favore del campo salafita-jihadista. Infatti, con l’ultima ondata di violenze tra israeliani e palestinesi, la decisione di Hamas di non sparare razzi durante gli scontri ha generato accesi dibattiti interni e pressione da parte dell’opinione pubblica. Di conseguenza, mentre Hamas non ha alcun interesse nel consentire che un gruppo ispirato a Isis inizi a operare a Gaza, come è evidente dai ferrei controlli operati sulle cellule pro-Isis nella primavera del 2015, il gruppo ha però mostrato più moderazione in questi ultimi mesi. E’ ragionevole aspettarsi che Hamas continui a monitorare e, occasionalmente, reprimere l’aumento delle cellule pro-Isis a Gaza. Tuttavia, potrebbe allentarsi la presa generale di Hamas su Gaza e sulla libertà di azione delle fazioni armate in competizione, mentre potrebbe aumentare la retorica e il supporto alla resistenza armata.

Il rapporto tra Hamas e i gruppi jihadisti nel Sinai è più complesso. Le Brigate Al-Qassam di Hamas hanno un rapporto economico datato e reciprocamente vantaggioso con Shadi al-Menai, leader di Wilayat Sinai, e con altri militanti egiziani nella penisola. Questa relazione aveva senso quando Menai era un contrabbandiere e aveva contribuito a fondare Ansar Bayt Al-Maqdis – gruppo jihadista con sede nel Sinai che nasce dai militanti di Gaza. I collegamenti e i contatti economici, sempre reciprocamente vantaggiosi, sono continuati anche quando il gruppo di Menai ha aderito a Isis nel novembre 2014. Questo alimenta la convinzione che Hamas stia cooperando con lo Stato Islamico. Ma una simile valutazione sovrastima in gran parte la natura di una relazione economica basata sulla convenienza e non riesce a spiegare il complesso sistema economico in atto lungo il confine Gaza-Sinai.

Hamas non è fan dei gruppi jihadisti nel Sinai. Per di più, consapevole della minaccia che i jihadisti di Gaza rappresentano per la stabilità nel territorio palestinese, Hamas vede con sospetto la potenziale collaborazione tra le cellule pro-Isis a Gaza e il gruppo Wilayat Sinai. Impedire l’antagonismo con il più sofisticato gruppo del Sinai fornisce ad Hamas un vantaggio contro tale minaccia. Proteggere i leader della provincia del Sinai, o almeno consentire la loro presenza a Gaza, significa che l’Intelligence di Hamas saprà esattamente dove sono di casa in caso dell’insorgere di problemi.

In sintesi, il governo di Hamas nella Striscia di Gaza è attivamente impegnato a trattenere l’ampio campo salafita-jihadista dal fomentare problemi interni o incitare la reazione israeliana contro la Striscia di Gaza, e allo stesso modo impedisce che si creino forti legami tra Gaza e i jihadisti del Sinai. Per porre fine al proprio isolamento, i leader politici di Hamas sperano di invertire il deterioramento delle relazioni con l’Egitto, anche se i leader militari del gruppo stanno intensificando le loro relazioni con alcune figure all’interno dello stesso campo salafita-jihadista che combatte l’Egitto – e che Hamas sta combattendo a Gaza. Questo perché le restrizioni economiche in corso e la campagna aggressiva contro l’economia dei tunnel hanno dato un forte incentivo all’ala militare di Hamas per trattare con qualsiasi gruppo, sia esso jihadista, criminale o entrambi – che potrebbe fornirgli le armi e le risorse finanziarie di cui ha bisogno. In questo senso, il rapporto Hamas-Isis è determinato principalmente dalle transazioni economiche. Tale legame, però, è anche il risultato di una cooperazione ad hoc e, secondo fonti dell’Intelligence egiziana e israeliana, le Brigate Al-Qassam stanno vendendo o fornendo armi e addestramenti ai combattenti Isis con l’obiettivo di chiarire il suo passaggio ad “ancora di salvezza”.

A prima vista, la cooperazione tra Hamas e gruppi associati o ispirati allo Stato Islamico sembra illogico: Hamas è un gruppo collegato ai Fratelli Musulmani che ha bisogno di buone relazioni con l’Egitto e di una tranquilla stabilità con Israele, mentre lo Stato Islamico minaccia abitualmente Israele e Hamas, deride i Fratelli Musulmani, e uccide forze di sicurezza egiziane e civili. Tuttavia, il potere interno a Gaza e le dinamiche economiche spiegano la natura di questa relazione apparentemente illogica e ancora temporaneamente conveniente.

Source: Carnegie Endowment for International Peace

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