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Governo Conte, tra fiducia e contraddizioni

Dopo i 171 si del Senato, il Governo Conte incassa la fiducia anche alla Camera dei Deputati, che con i suoi 350 voti favorevoli, ne sancisce il definitivo battesimo. Una fiducia incassata non senza qualche polemica, come del resto sarebbe ovvio aspettarsi all’interno di un dibattito democratico vivo ed in salute. Ma in questo caso il dibattito si ramifica attorno alla pletora di contraddizioni, che già da prima della sua nascita questo nuovo esecutivo sembra portarsi appresso, come uno strascico rumoroso ed appariscente.

Governo ConteSi è scritto di tutto ed il contrario di tutto sulle vicende che hanno portato alla nascita di questo Governo gialloverde e tutto ed il contrario di tutto sembra emergere dalle prime dichiarazioni pubbliche di alcuni suoi esponenti. Alcuni di loro sono ancora convinti di essere in campagna elettorale, per cui la strategia comunicativa ed il calibro delle affermazioni appaiono particolarmente sopra le righe, considerato il fatto che ora a pronunciare quelle parole sono ministri e vice presidenti del Consiglio.

Il riferimento al neo ministro dell’Interno Matteo Salvini appare più che ovvio, dato che sul piano della comunicazione, è quello che risulta essere il più prolifico e diretto. Lui da solo sta surclassando l’intera compagine pentastellata che pure della comunicazione ne fa il suo baluardo. Al suo cospetto il neo ministro del Lavoro Di Maio, sembra rappresentare una pacata figura istituzionale vecchio stampo.

Mentre il Presidente Conte, da buon docente, comunica facendo spesso ricorso a citazioni colte e linguaggio forbito, il Ministro dell’Interno scocca fendenti intrisi di tutto il populismo di cui dispone, affondando nella pancia e nelle coscienze di un popolo sempre più perso nelle incertezze di una crisi senza fine e in paure xenofobiche miopi ed insensate quanto un dibattito nel salotto della D’Urso.

Slogan come “è finita la pacchia per i migranti” o “chi guadagna di più risparmia di più”, sono oramai dei tormentoni destinati a rimanere in quegli annali che, tra qualche tempo si spera, possano essere degradati al livello di stupidari della politica.

In questa prima fase è lui, Salvini il protagonista indiscusso dell’avanguardia comunicativa del Governo Conte. Lui è il testimonial despota, in grado di porre il veto a chi, come il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, leghista, aveva tentato di spararla altrettanto grossa affermando che “le famiglie gay non esistono”.

Le sue affermazioni sono state liquidate da Salvini con sufficienza, il quale le ha relegate alla stregua di opinioni personali del suo esuberante collega e non come punti di un programma di Governo che ad oggi si cela ancora dietro mere dichiarazioni di un cambiamento che verrà.

 di Massimo Caruso

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