Google e l’ambiguo contratto militare israeliano
Dei manifestanti hanno interrotto la conferenza annuale di Google Cloud Next a San Francisco, esprimendo le loro preoccupazioni sul contratto di Google con l’esercito del regime sionista, Project Nimbus.
I manifestanti, tra cui ex dipendenti di Google e attivisti locali, si sono incatenati in Howard Street fuori dalla sede della conferenza, esponendo uno striscione con la scritta “Il progetto Nimbus alimenta l’apartheid israeliano”.
Più di una dozzina di attuali dipendenti di Google hanno distribuito volantini in cui spiegavano le loro obiezioni al progetto Nimbus, un contratto da 1,2 miliardi di dollari tra Google, Amazon Web Services e il regime israeliano. I critici temono che la tecnologia possa essere utilizzata contro i palestinesi.
Joshua Marxen, un ingegnere informatico di Google Cloud che ha contribuito a organizzare la protesta, ha espresso preoccupazione per la collaborazione dell’azienda con il regime occupante, affermando: “Google non ci ha dato motivo di fidarci di loro”.
Questa protesta evidenzia le tensioni in corso tra la forza lavoro dell’azienda e il suo management riguardo all’uso etico della tecnologia dell’azienda. Negli ultimi anni, i dipendenti hanno espresso preoccupazione riguardo ai contratti militari e al coinvolgimento dell’azienda in vari progetti.
Google al servizio del regime israeliano
L’azienda non ha fornito informazioni dettagliate sul progetto Nimbus, ma ha riconosciuto che il contratto fornirà all’esercito israeliano l’accesso alla sua tecnologia.
L’ex dipendente Ariel Koren, che è stato critico nei confronti del progetto Nimbus, ritiene che la redditività del contratto in coincidenza con il 75° anniversario della Nakba aumenti le preoccupazioni degli attivisti palestinesi. Ha accusato l’azienda di mettere a tacere le voci ostili alla sua complicità nelle violazioni dei diritti umani palestinesi.
La protesta riflette il crescente dissenso all’interno delle aziende tecnologiche riguardo al loro coinvolgimento in progetti militari, con i lavoratori che sostengono pratiche aziendali più etiche e socialmente responsabili.
di Redazione