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Giulio Regeni: una risorsa della ricerca e dei diritti in Egitto

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Giulio Regeni, il triste epilogo della sua missione, del suo coinvolgimento in prima persona nella ricerca accademica che lo aveva posto a rischio, nonostante la sua famiglia fa sapere che Giulio non era particolarmente preoccupato per la sua sicurezza.

Poi da Radio Popolare emerge che Giulio poteva aver iniziato a provare qualche preoccupazione. Poteva essere proprio lui quel ragazzo straniero arrestato dalla sicurezza il giorno della sua scomparsa, il 25 gennaio, anniversario della Rivoluzione egiziana.

La sua ricerca sui sindacati indipendenti nell’Egitto post rivoluzione lo aveva portato a fare conoscenza “delicate” nell’Egitto di ‘Abdelfattah As-Sisi. Una ricerca tra interviste a sindacalisti e relazioni con esponenti dell’opposizione.

Di recente aveva partecipato ad una riunione dell’Unione sindacale per il commercio e i sevizi dei lavorati che aveva radunato esponenti del mondo sindacale da tutto il Paese (dal Sinai ad Alessandria a Il Cairo) per discutere di una strategia volta a superare l’emarginazione di lavoratori e dei loro rappresentanti.

Le 50 organizzazioni presenti (trasporti, istruzione, l’agricoltura ecc.) avevano siglato un accordo conclusivo nel quale si condannava l’ultima circolare del presidente egiziano. As-Sisi chiedeva ai suoi ministri di tagliare i ponti con l’Unione generale dei sindacati. La comunicazione del presidente mirava a frenare il movimento dei lavoratori.

“Il peggior grado di libertà d’espressione”, così descriveva Giulio lo stato dei sindacati in Egitto che lui studiava in relazione al trattamento che il governo egiziano ne faceva dal 2013. Gli attacchi ai diritti e alle libertà sindacali, la frustrazione della categoria dei lavoratori che dalla posizione di emarginazione a cui erano stati condannati dal potere faticavano a tradurre la volontà in iniziative concrete.

Resta incerto l’esito delle indagini come resta improbabile pure una rottura tra i due Paesi anche se si dovesse confermare la tesi della responsabilità pubblica egiziana. I metodi utilizzati per privarlo della vita potrebbero essere gli inequivocabili segni di tortura tipici del ricorso all’uso della forza e degli abusi delle forze di sicurezza. 

In queste ore si fa strada un’altra ipotesi, quella della possibile occultazione del cadavere di Giulio da parte dei servizi di sicurezza egiziani che si sarebbero macchiati di questo reato.

Secondo certa stampa, italiana ed egiziana, nei giorni appena precedenti al ritrovamento del corpo di Giulio, il responsabile italiano per la sicurezza esterna, il Gen. Manenti, si trovava al Cairo per fare pressioni sulla controparte egiziana, affinché accelerasse le ricerche. Il corpo di Giulio è stato ritrovato nel fosso sulla via per Alessandria a poche ore dalla partenza di Manenti. 

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