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La grande ipocrisia del G7 di Taormina

Bisogna fare in fretta, che il tempo stringe! Tra qualche giorno sbarcheranno a Taormina i grandi della Terra per partecipare al G7. Di militari ce ne saranno tanti, ma la parata la faranno i capi delle sette nazioni più ricche del pianeta. E sarà qualcosa di memorabile già da quando metteranno piede sull’isola, considerando che atterreranno all’elipista di contrada Bongiovanni a Taormina, in un pista che non esisteva fino a poco tempo fa e che senza il loro arrivo, nessuno si sarebbe preso la briga di costruire. Si tratta di un’opera realizzata prima dei 75 giorni previsti per la sua costruzione.

g7-taorminaIl generale Enzo Vecciarelli, capo di Stato maggiore dell’aeronautica, è molto soddisfatto di questo piccolo miracolo, portato a termine in grande anticipo, in un Paese dove per finire una qualsiasi autostrada si accumulano ritardi talvolta decennali. Ecco perché il generale non risparmia parole di elogio per i suoi uomini, “per il loro impegno e sudore”. Non ha dubbi, e si congratula con tutti per “quest’opera spettacolare”, esempio di “un’Italia che, quando c’è bisogno, sa mettere tutto il proprio cuore e le proprie forze”. Già, cuore, forze e risorse. Immani risorse, che, a quanto pare, si trovano sempre quando si tratta di fare bella figura. Nella società dello spettacolo, anche la politica impone il suo tributo.

Da questo vertice del G7 siciliano, nessuno si aspetta la soluzione di alcun problema. Si sa, non a questo servono le riunioni dei “magnifici sette”. Ma tant’è, nella cornice super patinata di Taormina, il prossimo 26 Maggio, va di scena il summit più esclusivo delle passerelle politiche mondiali. E, come il torneo delle 6 nazioni nel mondo del rugby, ci saranno placcaggi e conseguenti ammucchiate, per regalare ai giornalisti la giusta dose di suspense, ma poi, a fine lavori, tutti a festeggiare il terzo tempo.

Ma attorno a Taormina ci sarà un’intera isola che non avrà nulla da festeggiare. Di quella Sicilia, non parlano i giornali. Non la maggior parte, per lo meno. Anzi, nei prossimi giorni la copriranno dietro a un telo, perché nessuno possa notare le sue contraddizioni e i magnifici sette non abbiano a essere distratti, nel loro ragionare sui massimi sistemi, dai problemi quotidiani della terra che li ospita.

Quanto ci piacerebbe che ad accoglierli non ci fossero ministri o alte cariche della nostra scricchiolante Repubblica. Pensate se a dare il benvenuto al Cancelliere tedesco, Angela Merkel, ci fosse uno dei 30mila palermitani che l’anno scorso hanno ricevuto assistenza alimentare presso strutture come la Caritas. Magari uno di quelli che hanno perso il lavoro in ragione delle politiche di austerity a lei tanto care.

Oppure, se il neoeletto Macron avesse ad attenderlo uno tra le migliaia di imprenditori siciliani che si sono inguaiati con gli strumenti derivati venduti con entusiasmo e nonchalanche dalle diverse banche d’affari. Potrebbe così stringere la mano e accennare un sorriso a uno dei tanti finiti sul lastrico mentre lui, il Presidente d’oltralpe, diventava milionario, come da sue dichiarazioni, lavorando presso la banca d’affari Rothschild.

Proseguendo con i neo eletti, chi scrive si propone per dare il benvenuto al Presidente Trump. Lo porterei con me a Niscemi, per mostrargli la città in cui vivo. Dopo aver contemplato la piana di Gela dal nostro belvedere, U Tunnu, dopo un piatto a base di carciofi nostrani e un cannolo alla ricotta, lo porterei con me per una gita fuori porta. Ma sapendolo stanco per il volo e per l’inconsueto protocollo, mi limiterei a percorrerei insieme a lui quella manciata di chilometri che separano le prime abitazioni del mio paese dalle gigantesche antenne del complesso Muos. Chissà che a vederlo di persona non si renda conto che la sua base sarà causa delle morti di centinaia di niscemesi. Forse avendomi lì al suo fianco, gli capiterà di pensare di me che, quella donna che si è proposta per riceverlo e lo ha trattato sempre con un sorriso ospitale, potrebbe finire presto i suoi giorni in un ospedale. Chi vive a Niscemi, me compresa, è un buon candidato a una sequela di vari tipi di disturbi e malattie, tra cui alcuni tumori del sistema emolinfatico. Questi rischi sono stati evidenziati in numerosi studi epidemiologici, ma come molti altri aspetti della vita sull’isola, vengono dimenticati o, per dirla com’è, semplicemente ignorati.

Niscemi non è aperta ai grandi eventi, non è una particolare meta di turismo, non è un polo industriale o di ricerca. Noi siamo una delle tantissime piccole realtà di cui è fatta la nostra Sicilia. Noi siamo quelli che verranno coperti con quel grande telo, quelli che resteranno dietro ai paraventi, lontano dai lustrini e dalle costosissime cerimonie che accompagneranno i prossimi giorni.

Durante tutta la kermesse, tutta l’isola trasmuterà. Autostrade chiuse, tutte le strade piantonate, a Taormina ci sarà la sospensione totale di internet durante il giorno del summit e i residenti potranno circolare solo con appositi permessi e per comprovati motivi di urgenza. Anche il traffico di migranti che si riversa a Lampedusa, magicamente, cesserà.

L’impossibile diventa reale davanti a eventi come questi. Poi l’evento passa e la polvere ammucchiata sotto il tappeto, lentamente ma inesorabilmente tornerà a spargersi, ricoprendo ogni cosa.

di Adelaide Conti

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