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Genocidio armeno: il ruolo dei “Cripto-Ebrei”

Sono trascorsi pochi giorni dall’anniversario del “Metz Yeghern” “Grande crimine” o genocidio armeno, come è ricordata la strage del popolo armeno presso gli Armeni e nei 21 Paesi al mondo che hanno riconosciuto il genocidio, la deportazione degli armeni o il cosiddetto genocidio armeno. Altro non è che la deportazione forzosa e sterminio di un numero imprecisato di civili armeni, calcolato a circa un milione e mezzo – due milioni di persone, dal 1915 al 1923, da parte dei Giovani Turchi dell’Impero Ottomano.

Del “primo genocidio del XX secolo”, per usare le parole di Papa Francesco, molte sono le commemorazioni programmate dalle comunità armene tra l’imbarazzo di qualche politico, come l’ex ministro degli Esteri tedesco, Frank Walter Steinmeir, che ha dichiarato che per le iniziative programmate non è previsto il patrocinio dello Stato, perché non c’è “certezza storica” del genocidio armeno e che, per questo, la questione va risolta tra Turchia e Armenia.

Per quanto ci riguarda, in questa sede non affronteremo la questione delle ragioni dei negazionisti o quelle dei Paesi che hanno riconosciuto il massacro come genocidio armeno, considerate le reazioni dei negazionisti e la posizione di chi, come la Comunità Europea, pur ammettendo e riconoscendo i fatti, non può usare il termine “genocidio” per riferirsi alla strage degli armeni fra il 1915 e il 1923 sotto l’Impero ottomano, perché “non ha le competenze” per esprimersi sulla memoria storica.

Ebrei americani e genocidio armeno

Forse perché lo “Stato di Israele”, le varie organizzazioni di ebrei americani, la Quincentennial Foundation ed anche il Gran Rabbinato di Turchia hanno adottato una posizione dura, rifiutando l’idea che gli eventi del 1915 costituiscano un genocidio e rifiutando anche qualsiasi confronto per l‘Olocausto. Questo comportamento è in gran parte visto dalla comunità armena come una mancanza di volontà da parte del popolo ebraico di compromettere l’unicità dell’Olocausto e della propria esperienza storica con la condivisione con altri dello status di “vittima del genocidio”.

Ci limiteremo ad un breve excursus su una delle teorie del complotto che è stata passata di generazione in generazione, e condivisa da molti armeni – per qualche decennio almeno – e diffusa nella cultura popolare armena, secondo la quale il piano di sterminio degli armeni nell’Impero ottomano è stato concepito e realizzato da ebrei, sionisti e massoni: i Donmeh. Teoria questa che si amalgama con una teoria simile prevalente tra molti arabi secondo cui anche la rivolta dei Giovani Turchi del 1908 contro il sultano ottomano Abdulhamid II è stata una cospirazione ebraica e massonica, perché il sultano si era opposto con veemenza all’insediamento degli ebrei in Palestina, mentre i Giovani Turchi erano presumibilmente più inclini ad attuare i progetti sionisti.

Nella Wikipedia ebraica leggiamo: “Donmeh è la parola turca per “apostata” e si riferisce agli ebrei del Vicino Oriente che hanno seguito Sabbatai Zevi nell’Islam nel 1666, ma segretamente sono rimasti ebrei che hanno continuato a praticare riti ebraici, ma adoravano Sabbatai come Messia e incarnazione di Dio”. A fornire interessanti spunti e precise fonti alla teoria del complotto contro gli armeni è il capitolo IX del libro A Scapegoat for All Seasons: The Doenmes or Crypto-Jews of Turkey (Un Capro espiatorio per tutte le stagioni: I Donmeh o Cripto-Ebrei della Turchia) di Rifat Bali, esperto di minoranze non musulmane della Turchia, antisemitismo, teorie del complotto, trasformazione sociale e culturale della società turca e Donmeh (cripto-ebrei), membro del turco-ottomano centro sefardita Culture Research.

Rifat Bali, pur non condividendola completamente, parla della teoria dei Donmeh come di un prodotto interessante e recente della mentalità anti-dönmeh, una visione del mondo che vede quelli appartenenti o discendente da questo gruppo come un segreto ed estremamente potente ramo del giudaismo che controlla la Turchia. Secondo tale teoria non sono stati i turchi, ma i Sabbateans a pianificare in precedenza e attuare la deportazione del 1915 con il massacro di massa e la morte della maggior parte della popolazione armena dell’impero ottomano.

In Turchia coloro che sposano questa tesi possono essere classificati in tre gruppi principali: a) I numerosi giornalisti della stampa islamista; b) Un gruppo di giornalisti turco-armeni, come Fırat Hrant Dink (ucciso nel 2007), l’editorialista Markar Esayan e lo scrittore Levon Panos Dabağyan, c) Il professore di Economia marxista Yalçın Küçük, la cui fama si è diffusa negli ultimi anni a causa delle sue numerose pubblicazioni sui Sabbateans.

Di ciascuno dei gruppi viene data dall’autore una serie di esempi con la relativa confutazione, per arrivare al Prof. Yalçın Küçük, che negli ultimi quindici anni ha sempre rivolto la sua attenzione alla questione dell’influenza dei Sabbateans sul controllo della Turchia. In particolare, è sua convinzione che l’élite politica, culturale, economica e sociale turca sia quasi interamente composta di Sabbateans cripto-ebrei. Sostenitore ardente dell’uso dell’Onomastica, come metodo di determinazione degli equivalenti ebraici di cognomi turchi, e smascherare così tali persone.

Alla luce di questa visione del mondo, forse non è sorprendente che in quasi ogni dichiarazione che ha fatto in materia, il professor Küçük ha caratterizzato il 1915, la deportazione armena come il risultato di una “guerra giudaica-armena”. In modo simile, le rivolte contro i greci del 6-7 settembre, 1955, in cui folle di Istanbul bruciarono e saccheggiarono proprietà greche, aziende, abitazioni, cimiteri e chiese, non sono altro che il prodotto di una “guerra ebreo-ortodossi”.

Tra le molte voci che non concordano con le conclusioni di Rifat Bali, citiamo alcuni scrittori ebrei, che credono nella teoria dei Donmeh, i cripto-ebrei che, secondo loro, gestirono la Turchia.

Mustafa Kemal Ataturk

Il giornalista ebreo, Itamar Ben-Avi (morto nel 1943), nella sua autobiografia, dimostra che il “Padre” della Turchia laicista, il generale Mustafa Kemal Ataturk era un Donmeh e che Mustafa Kemal non si vergognò mai della sua origine ebraica. Mustafa Kemal reclutò molti Donmeh cripto-ebrei in campo militare. Quasi tutti i generali militari della Turchia dall’istituzione del regime laico erano cripto ebrei e controllavano la Turchia attraverso l’esercito del Paese.

L’altro autore Barry Chamish, uno scrittore ebreo canadese che ha pubblicato alcuni libri disponibili anche sul suo sito web, parla espressamente del genocidio armeno dopo una ricerca che lo ha portato alla conclusione che i progettisti e gli istigatori del genocidio armeno della prima guerra mondiale e dell’Olocausto ebraico della seconda guerra mondiale sono stati gli stessi soggetti e che gli stessi hanno in programma un altro olocausto, quello degli ebrei durante la prossima Terza Guerra Mondiale.

Basandosi sulle opere di David Morrison (Heroes, Antiheroes And The Holocaust) e di M. Avrum Ehrlich, teologo, filosofo sociale e studioso della civiltà ebraica (The First Sabbatean Holocaust – The Dry Run), Barry Chamish vuole dimostrare che i Giovani Turchi che hanno guidato la rivoluzione 1908 erano dei Donmeh, nazionalisti turchi che volevano consolidare le istituzioni laiche e sovvertire l’ordine religioso musulmano. Furono i Giovani Turchi a progettare e pianificare il genocidio degli Armeni, considerati come una minaccia diretta per i loro piani rivoluzionari.

I Giovani Turchi si allearono con la Germania e utilizzarono la prima guerra mondiale come copertura per la macellazione degli armeni, come fecero i nazisti nella seconda guerra mondiale, ed   usarono le loro vittime designate come schiavi nella costruzione di una ferrovia trans-turca per interessi commerciali tedeschi. Quello dei Giovani Turchi fu dunque il Primo Olocausto Sabbatian o meglio il Primo Genocidio del XX secolo ad opera dei Donmeh.

di Cristina Amoroso

  

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