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Finisce l’era dei paradisi fiscali in Svizzera

di Salvo Ardizzone

Dopo anni di trattative, lunedì è stato firmato il Protocollo in materia fiscale fra Italia e Svizzera; a siglarlo sono stati il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il Consigliere Federale della Confederazione Elvetica Widmer Schulumps.

Con questo accordo cade sostanzialmente il segreto bancario svizzero: da ora in poi le autorità di Berna si sono impegnate a fornire alle autorità italiane tutte le informazioni che dovessero richiedere su soggetti considerati potenziali evasori, senza le farraginose e troppo spesso inutili rogatorie internazionali previste dal precedente Protocollo del ’76, e limitate ai soggetti già oggetto di procedimenti giudiziari.

Il Protocollo, come ogni altro accordo internazionale, sarà soggetto a ratifica dei rispettivi Parlamenti; non appena ratificato entrerà in vigore permettendo lo scambio di informazioni che, a partire dal 2017 per l’Italia e dal 2018 per la Svizzera, diverrà automatico a prescindere dalle specifiche richieste della autorità dei due Paesi.

Con questo documento, la Svizzera esce dalla “black list” dei Paesi “opachi” passando alla “white list” di quelli “cleaner”; è stata questa molla principale che ha spinto la Confederazione Elvetica ad aderire per evitare le sanzioni sempre più stringenti delle autorità finanziarie internazionali. Per l’Italia è un passo di notevole rilevanza nella lotta all’evasione e al riciclaggio (e per rimpinguare le esauste casse del Tesoro) se si pensa che, in base a stime internazionali, nei forzieri delle banche svizzere siano stati accolti ben oltre 200 Mld provenienti dal nostro Paese.

È ovvio che molti di quei capitali abbiano già preso il volo per “paradisi” nei Caraibi o in qualche isola del Pacifico, che garantiscono ancora la massima “discrezione” e disinteresse sulla provenienza del denaro; ma per tantissimi evasori di medio calibro è arrivata la scelta fra rischiare una via necessariamente più scomoda e assai meno sicura delle collaudate banche elvetiche, o aderire alla voluntary disclousure entro il settembre del 2015.

Quella procedura, ammessa solo per i capitali che dovessero rientrare da Paesi della “white list” quale è da ora la Svizzera, è assai diversa dai condoni di Tremonti di berlusconiana memoria, permette infatti di regolarizzare quelle somme, ma pagando per intero le imposte dovute e usufruendo solo di un certo beneficio sulle sanzioni derivanti dall’evasione.

Il ministro Padoan ha annunciato inoltre che giovedì 26 l’Italia firmerà un altro accordo fiscale con il Liechtenstein, che permetterà di regolare le posizioni anche con quell’altro tradizionale “paradiso” fiscale europeo.

È troppo presto per dirlo con sicurezza, e di inghippi ce ne saranno ancora tanti soprattutto per i capitali più sporchi disposti a correre rischi per mantenersi nell’ombra, ma un passo verso la normalità d’un Paese più civile sembra comunque fatto.   

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