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Evo Morales, il sogno Bolivariano un esempio per l’America Latina

Il presidente boliviano Evo Morales, a ottobre si ripresenterà per concorrere a un terzo mandato. L’annuncio ha scatenato l’ira delle opposizioni, perché, con lui in lizza, i giochi per loro sono chiusi, e gridano che una sua candidatura (sarebbe la terza), costituirebbe una sfida alla Costituzione del 2009, che prevede per la carica presidenziale un massimo di due mandati. Tuttavia la Corte Suprema, investita del problema già nel 2013, ha decretato che la norma non può essere retroattiva, e il primo mandato di Morales (dal 2006 al 2009), precedente alla nuova Costituzione, non può entrare nel computo.
Il fatto è che il Presidente è largamente in testa in tutti i sondaggi e stacca l’avversario più vicino, l’industriale del cemento Samuel Doria Medina, di circa 30 punti.

Morales intende essere riconfermato per portare a compimento e consolidare il suo programma di riforme politiche, sociali e di sviluppo economico del Paese. Quando fu eletto per la prima volta, nel 2006, era considerato un personaggio folcloristico e le sue idee di nazionalizzazioni dei comparti chiave, compresi gli idrocarburi, facevano sorridere di compatimento i santoni del liberismo, che prevedevano un immediato fallimento. Da allora, invece, la Bolivia ha conosciuto una crescita senza soste, che l’ha portata a moltiplicare il Pil; per rimanere solo agli ultimi anni, nel 2012 è stato un +5,2%, nel 2013 +6,5 e nel 2014 si stima un +5,7 che, in un continente che si dibatte in una crisi che non risparmia nessuno, è un successo straordinario completato da un debito in calo costante sul Pil (ora è al disotto del 34%), il reddito procapite più che raddoppiato, riserve in oro e valute pregiate pari alla metà del Pil e le esportazioni in costante aumento.

Il segreto è tutto nel buonsenso e nei principi di equità sociale che hanno guidato le nazionalizzazioni degli impianti strategici e i piani di inclusione sociale con cui ha ridistribuito, alle fasce più deboli della popolazione, vasta parte della ricchezza prodotta.
Il punto debole della Bolivia è costituito dall’insufficiente dotazione di infrastrutture, di qui la ricerca d’un solido partner che possa mettere a disposizione capitali e know-how per l’utilizzo delle notevoli risorse naturali del Paese. In tale ottica, nell’agosto del 2013 è stato siglato con Gazprom un accordo per una vastissima concessione per la ricerca di idrocarburi (sono circa 785mila ettari), e vi è stata una manifestazione d’interesse di Rosneft, che presto sarà concretizzata. Inoltre, sono stati siglati accordi con banche russe per linee di credito dell’importo di centinaia di milioni di dollari, finalizzate alla realizzazione di una grande centrale elettrica, e altri per la costruzione di 1.800 chilometri di linee ferroviarie per collegare Quito a quattro porti del Pacifico.

Morales è uno strenuo oppositore di Washington e delle grandi aziende Usa, abituate a non porsi ostacoli né remore per conseguire il massimo profitto. Di qui, per avere una sponda politica ed economica, l’avvicinamento a Mosca, con cui sono in corso, dall’agosto del 2013, contratti di forniture militari per garantite la sicurezza del Paese.
Le politiche di Morales sono la dimostrazione che “i principi sociali sono compatibili con l’equilibrio macroeconomico”, come ha detto il Ministro dell’Economia Luis Arce, ed è stato costretto ad ammettere anche il Fondo Monetario Internazionale.

di Salvo Ardizzone

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