AmericaPrimo Piano

Elezioni Usa 2016. Sfida difficile per Hillary Clinton, Lady Macbeth o “moglie, madre, nonna”?

di Cristina Amoroso

“Ogni giorno gli americani hanno bisogno di un campione, e io voglio essere quel campione”, spiega l’ex First Lady nel video di 2 minuti e 19 secondi in cui annuncia la sua candidatura. Mentre nel suo account Twitter Hillary Clinton si descrive come moglie, madre, nonna, militante per i diritti di donne e bambini quasi a volersi scrollare di dosso l’immagine di una Lady Macbeth, la Lady  ambiziosa dell’establishment.

Contro il messaggio da veicolare agli elettori che la macchina organizzativa ha messo in moto – quello di una donna attenta ai bisogni della classe media che tutela diritti di neri, ispanici, donne, giovani, omosessuali – con l’obiettivo di puntare al loro voto, come aveva fatto Obama nel 2008 per arrivare alla Casa Bianca, sono in molti a sostenere, come Wayne Madsen, che non solo i fallimenti più importanti della politica estera di Obama sono il risultato diretto della dimostrazione di forza della signora Clinton, ma che la sua volontà di impegnarsi in operazioni a tema di George Soros vedrà l’avventurismo interventista americano più temerario.

Quanto avrebbe guadagnato Obama se non avesse dato ascolto a quella dottrina della “Responsabilità di proteggere” o “R2p” della signora Clinton, sviluppata con l’assistenza dell’allora ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Susan Rice, e di Samantha Power del Consiglio di Sicurezza Nazionale per gli Affari Multilaterali e Diritti Umani?

Se Obama avesse azzerato la Clinton, la Rice, e la Power sulle operazioni precedenti R2p in Tunisia, Libia, Egitto e Yemen, non ci sarebbe stata alcuna minaccia dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) in Siria e in Iraq o le sue varie diramazioni in Libia, Tunisia, Yemen ed Egitto, sostiene Wayne Madsen.

Per non parlare dei possibili effetti dell’applicazione della causa “R2p”, di cui è campione Hillary Clinton, in Ucraina, dove l’Assistente Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, Victoria Nuland, la mente dell’“Euromaidan”, con  il  colpo di Stato in Ucraina ha fatto di più per destabilizzare l’Europa rispetto a qualsiasi altro evento dopo l’introduzione di Ronald Reagan di missili da crociera nucleari armati in Europa occidentale nel 1980. O del possibile interventismo aggressivo in America Latina per difendere i diritti civili? E in Africa?…

Ma non possiamo prevedere il futuro che ci aspetta se gli americani sceglieranno come loro campione alla Casa Bianca Lady Macbeth. Ci resta impressa nella memoria la notizia dell’ottobre 2011 quando i terroristi appoggiati dagli Usa assassinarono brutalmente il leader libico Muammar Gheddafi. In una trasmissione Cbs News, Clinton ridacchiando affermava: “Siamo venuti, abbiamo visto, è morto”. C’erano ampie prove del momento in cui Gheddafi e il suo corteo mostravano la bandiera bianca della resa quando sono stati attaccati dai miliziani libici e dalle forze della Nato. Proprio un cuore di moglie, madre, nonna!

Una sfida difficile per Hillary Clinton la corsa alla Casa Bianca. Ma chi finanzia la campagna di Hillary? Prova a dare una risposta il Wall Street Journal. L’Ucraina, secondo il quotidiano statunitense è il principale donatore della fondazione Clinton tra i Paesi stranieri, con 10 milioni di dollari donati tra il 1999 e il 2014. Seguono, tra i finanziatori, con 8,4 milioni la Gran Bretagna e l’Arabia Saudita, con 7,3 milioni. Eppure, negli Stati Uniti, esiste un divieto per i cittadini stranieri di donare fondi alle campagne elettorali americane.

Dalla sua nascita avvenuta nel 2001, la fondazione, rinominata Bill, Hillary&Chelsea Clinton Foundation, ha ricevuto 48 milioni di dollari da governi stranieri. Tra i Paesi finanziatori anche Italia, Norvegia, Australia e Paesi Bassi, ma anche Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Oman. Il campione dei diritti civili delle donne, Hillary, che accetta milioni da Paesi che non brillano di certo per il rispetto dei diritti delle donne.

Giovedì scorso il consiglio della Fondazione Bill, Hillary e Chelsea Clinton ha deciso di continuare ad accettare donazioni da governi stranieri, soprattutto da sei Paesi, anche se Hillary Clinton è in corsa per la presidenza.  Le regole dovrebbero permettere donazioni provenienti da Australia, Canada, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Regno Unito, Paesi che sostengono o hanno sostenuto i programmi della Fondazione Clinton per la salute, la povertà e il cambiamento climatico.

Conflitto d’interessi? Sembrerebbe di no secondo quanto ha riferito Craig Minassian, portavoce della Fondazione Clinton: “Con l’implementazione di questa politica nuova, ancora più forte e più trasparente, la Fondazione Clinton sta rafforzando il suo impegno per la responsabilità, proteggendo i programmi che stanno migliorando la vita di milioni di persone in tutto il mondo”.

La lista dei sei Paesi donatori approvata giovedì è certo meno controversa politicamente rispetto ad altri Paesi donatori fino al 2014, come l’Arabia Saudita, l’Oman e gli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, anche i Paesi ammessi porrebbero problemi per una amministrazione Hillary Clinton.

Con la presidenza Clinton siamo sicuri che la Bill, Hillary & Chelsea Clinton Foundation farà affari redditizi raccogliendo enormi quantità di fondi per Paesi colpiti da terremoti, siccità o guerre, e che in nome della “Responsabilità di proteggere” (R2p) e in nome di diritti civili e democrazia saranno gli innocenti a soffrire ancora una volta.

Mostra altro

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio

IlFaroSulMondo.it usa i cookies, anche di terze parti. Ti invitiamo a dare il consenso così da proseguire al meglio con una navigazione ottimizzata. maggiori informazioni

Le attuali impostazioni permettono l'utilizzo dei cookies al fine di fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Se continui ad utilizzare questo sito web senza cambiare le tue impostazioni dei cookies o cliccando "OK, accetto" nel banner in basso ne acconsenterai l'utilizzo.

Chiudi