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Usa: spesi già due miliardi di dollari per la presunta guerra all’Isil

di Carolina Ambrosio

La guerra al terrore inaugurata dodici anni fa dall’allora presidente americano George W. Bush, e proseguita più o meno regolarmente durante tutti questi anni sotto la presidenza Obama, a giudicare dalle stime economica, non ha davvero sortito l’effetto sperato.

Ci sono moltissimi studi di professori di di versi Paesi stranieri, i quali sono convinti che la guerra al terrore del presidente Bush contro gli “Stati canaglia” ha addirittura peggiorato la situazione mediorientale da un punto di vista economico, sociale, politico. Inoltre, alcuni di tali intellettuali tra cui Gilles Kepel, professore all’Istituto di Studi Politici a Parigi (Iep), hanno più volte manifestato come la guerra al terrore che doveva radicalmente sradicare il terrorismo, l’ha paradossalmente rafforzato aumentando il malcontento sociale.

Sono cambiati gli attori in campo ma la tattica e la situazione internazionale sembrano ancora le stesse. L’attuale guerra in Medio Oriente tra gli Stati Uniti, appoggiati da vari altri Stati dell’area “mediorientale” e non, contro la minaccia terroristica della Stato Islamico non sembra stia portando a risultati positivi. Infatti, sulla base di rapporti firmati dal Pentagono, i costi delle operazioni militari degli Stati Uniti in Iraq e Siria hanno toccato cifre esorbitanti e finora hanno superato i due miliardi di dollari. Il portavoce del dipartimento della difesa, Bill Urban, ha dichiarato che fino al 26 marzo 2015 il costo totale delle operazioni contro l’Isil, iniziate l’8 agosto 2014, sono di 1.96 miliardi di dollari, con una media giornaliera di 8,5 milioni di dollari.

Gli attacchi sono iniziati nell’agosto dello scorso anno quando il presidente Barack Obama ha identificato l’Isil come una minaccia per gli interessi americani. Per questa ragione gli Stati Uniti insieme con i suoi alleati arabi – Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Giordania e gli Emirati Arabi Uniti – hanno condotto bombardamenti aerei in Siria, senza nessuna autorizzazione, né da Damasco né dalle Nazioni Unite.

La storia tragicamente si ripete. Dopo pochi mesi, è già chiaro che non si vede niente di nuovo sul fronte orientale ed è lampante come anche questa campagna militare abbia condotto ad un sostanziale fallimento, sebbene non sia ancora terminata.

In un’intervista rilasciata a Cbs, il presidente siriano Bashar Al-Assad ha dichiarato che i bombardamenti aerei degli Usa non hanno fatto arretrare il gruppo dello Stato Islamico, al contrario, hanno permesso implicitamente che questo crescesse numericamente sia in Siria che in Iraq.

Certamente un motivo destabilizzante in più è dato dalle politiche contraddittorie dell’amministrazione statunitense. Solo un paio di anni fa, nel 2012, in Giordania, i militanti dello stesso gruppo erano appoggiati ed economicamente sovvenzionati dalla Cia per rovesciare il governo siriano, godendo dell’instabilità politica della Siria.

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