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Elezioni: riemerge Sarkozy in Francia, esordio di Podemos in Andalusia

di Salvo Ardizzone

Domenica scorsa si sono tenute in Europa due tornate elettorali cariche di significati: in Francia si sono tenute le “Dipartimentali” (qualcosa di simile alle Provinciali in Italia), in Spagna le elezioni regionali in Andalusia. Entrambe non hanno un grande valore sostanziale, ma politico si, costituivano un test sugli orientamenti dell’elettorato in tempi di grandi tensioni e mutamenti, che vedono i partiti tradizionali sempre più incapaci di dare risposte concrete ai bisogni della gente.

In Francia è stato Sarkozy il vincitore, col suo rassemblement costituito dai neogollisti dell’Upm uniti ai centristi dell’Udi al 29%; Marine Le Pen, pur divenendo la seconda forza, con il Fn al 25%, ha visto comunque ridimensionate le sue trionfali aspettative, mentre i socialisti del Ps sono riusciti a riprendersi in parte dalla rovinosa caduta delle passate europee, dovendosi però contentare della terza posizione con un 21,1%, scontando ancora l’adesione a politiche che impoveriscono la società francese

Dinanzi all’affermazione dell’estrema destra xenofoba e populista, i Socialisti avevano proposto per il ballottaggio di domenica prossima una sorta di “alleanza repubblicana” con l’Upm-Udi, che facesse convergere i voti dei due schieramenti per sbarrare la strada alla Le Pen. Ma Sarkozy, che vede in questa affermazione il trampolino per le prossime presidenziali del 2017, ha rifiutato, dando indicazione ai suoi di non votare né i candidati del Fn, né quelli del Ps. Si ritiene sicuro che gli elettori socialisti, dinanzi alla prospettiva di vedere eleggere candidati del Fronte, sceglieranno comunque quelli della destra moderata.

Un calcolo cinico, che lascia molto spazio all’affermazione della Le Pen, e che ritiene lo favorirà alle prossime tornate elettorali per l’effetto paura, attirando i voti su di lui, che ha dimostrato di avere la formazione con più consensi.

Pur di tornare a galla, in queste elezioni Sarkozy si è spostato su posizioni spesso vicine al Fronte Nazionale, nel tentativo d’intercettare gli umori del Paese, stanco di una crisi senza sbocchi e della sistematica cessione di sovranità a Bruxelles; resta a vedere se un simile calcolo non finirà per favorire la visibilità di Marine Le Pen, dandole un’ulteriore spinta malgrado l’isolamento politico in cui fin’ora si trova.

In Andalusia, le elezioni regionali erano un test interessante, in vista delle politiche di fine anno, per la presenza di Podemos, che si presentava per la prima volta, e per verificare i consensi al Partito Popolare che è al governo.

È finita che i Socialisti del Psoe (al governo da 33 anni nella regione), trascinati dalla loro leader Susana Diaz, malgrado le difficoltà che hanno investito tutti i partiti tradizionali, sono riusciti a mantenere i consensi del 2012 divenendo la prima formazione, mentre il Pp ha avuto un crollo, passando dal 40,6 al 26,9%. Come terza forza è apparsa Podemos, all’esordio sulla scena nazionale con un lusinghiero 15%.

La Diaz, che nutre ambizioni politiche nazionali, ha dichiarato che non si alleerà né con il Pp, né con Podemos. Il primo ha iniziato a pagare la macelleria sociale delle politiche adottate sotto la letterale dettatura di Berlino, che l’hanno reso uno strenuo alfiere della Cancelliera, su una folla di disoccupati e un cimitero di aziende: imbarcarlo al Governo susciterebbe l’ovvia ribellione degli elettori socialisti.

Allearsi con Podemos potrebbe rivelarsi ancora più pericoloso, perché gli conferirebbe visibilità e sancirebbe la fulminea affermazione di una formazione che, forte di un solido programma alternativo, è nata per cambiare la vecchia politica e il vecchio Sistema, intercettando sempre più consensi.

Da quanto è avvenuto in Francia e in Andalusia, si possono fare a caldo almeno due riflessioni: la prima è la crisi dei partiti tradizionali, chiusi in formule astratte, legati a sistemi di potere ingiusti e succubi di organismi internazionali che dettano politiche avulse dalle esigenze di territori e popolazioni.

La seconda, e collegata alla prima, è la domanda di sovranità che viene da vaste parti delle società: le popolazioni si vedono espropriate della propria facoltà di decidere le scelte politiche, economiche e sociali, da organismi sovrannazionali dove a prevalere sono gli interessi imposti da gruppi di potere, lobby, apparati statali estranei ai Paesi che le subiscono. Di qui le reazioni che danno forza a movimenti che parlano alla paura e all’egoismo della gente, come il Fn o la Lega, o alla speranza e al senso di equità e giustizia sociale, come Syriza e Podemos.

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