Elezioni iraniane: la volontà di un popolo a difesa della Rivoluzione – Video
Il 26 febbraio l’Iran sarà chiamato alle urne per rinnovare il suo Parlamento, il Majlis; quasi 55 milioni di elettori eleggeranno i 290 parlamentari fra circa 4979 candidati, di cui 586 donne. 285 di quei seggi verranno assegnati in collegi uni o plurinominali, mentre 5 saranno riservati, uno per ciascuna, alle minoranze zoroastriane, cristiane caldee, assire, armene e perfino ebree al fine di garantire loro una rappresentanza, in un esempio assai raro di tolleranza e rispetto che si commenta da sé se paragonato agli altri sistemi politici dell’area, Arabia Saudita in testa.
Queste elezioni, non a caso circondate dal silenzio assordante dei media occidentali malgrado la loro importanza per i riflessi che avranno in tutto il Medio Oriente, sono le prime dopo la fine delle sanzioni; un momento cruciale che specchierà le aspettative di un Popolo che dopo aver resistito a decenni di attacchi e crimini da parte dei suoi nemici, nel tentativo di soffocare la sua Rivoluzione Islamica, ha finalmente fatto valere le sue ragioni spezzando l’isolamento a cui lo si voleva condannare.
Un passaggio determinante e prova generale per le elezioni presidenziali che si terranno fra un anno, ma anche delicato: le stesse forze dell’Imperialismo (Usa, sionista e saudita) che hanno fatto di tutto per mantenere il regime delle sanzioni e continuare a colpire l’Iran, sanno che è l’ultima occasione per tentare di ostacolare la Rivoluzione Islamica, l’unica che le ha contrastate efficacemente con i fatti.
I mezzi sono tanti, dalla propaganda falsa e bugiarda veicolata sull’onda dell’euforia del momento, all’inquinamento delle liste. E che il pericolo ci sia e sia reale è attestato dai continui moniti lanciati dalla Guida Suprema Khamenei, perché non si abbassi la guardia e si continui a vigilare per respingere le manovre ordite per fermare la Rivoluzione.
Snaturarne le caratteristiche è il sogno dell’Imperialismo, da Washington a Tel Aviv, da Riyadh ad Ankara, e sarebbe la disgrazia più grande per la Resistenza.
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